«La mia reputazione è a pezzi»

«La mia reputazione è a pezzi»

Nessuna pressione indebita, nessuna concussione. Piuttosto, «l’impegno e la passione verso i miei pazienti», che ricambiavano con «donazioni volontarie», come forma di ringraziamento «spontaneo» per la sua professionalità. Edoardo Austoni, accompagnato dall’avvocato Giovanni Maria Dedola, si presenta all’interrogatorio di garanzia davanti al gip Giulia Turri e al pubblico ministero Grazia Pradella. Una difesa che dura un’ora e mezza, durante la quale l’urologo ripete di non aver mai chiesto denaro per eseguire personalmente gli interventi, né per creare corsie preferenziali nelle liste d’attesa. Poi, ammette di sentirsi ancora «fisicamente debilitato» a causa dell’aggressione subita lo scorso 20 novembre - e i segni li porta addosso, evidenti -, e «moralmente scosso» per l’attacco mediatico di cui si sente vittima da sabato scorso, giorno in cui per l’urologo sono stati disposti gli arresti domiciliari.
«Il nome per me è tutto - dice Austoni al gip -, sono angosciato per la mia reputazione». Quindi ribatte alle accuse. «Non c’è mai stata alcuna lista d’attesa da saltare - sostiene il professore -, semmai buchi da riempire». Ed era «scontato» che fosse lui a operare in prima persona per le patologie più gravi.

Quindi nessuno pagava per ottenere «scorciatoie» o interessamenti personali, ma solo come «segno di riconoscenza per la mia professionalità», un gesto - ribadisce - «del tutto libero». Una stima, sottolinea Austoni, testimoniata anche dalle tante e-mail ricevute dai suoi pazienti, nelle quali era comunicato l’apprezzamento per il suo lavoro e per la professionalità dimostrati.

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