"La mia ricerca ha fatto la fortuna di Santoro"

"Ha cambiato la postura e l'audience si è impennata". Il decano dei sondaggisti svela: "D'Alema è il peggior cliente, vuole solo buone notizie"

"La mia ricerca ha fatto la fortuna di Santoro"

C'è chi dice che sia il «gran guru» dei sondaggi. Ma c'è anche chi giura che gli ultimi sondaggi lo indichino come un «gran paraguru». Quest'ultima definizione lo diverte parecchio, anche perché l'ironia non fa difetto a Nicola Piepoli. Cosa non da poco in un signore che porta i suoi 82 anni (è nato a Torino il 7 settembre 1935) con la leggerezza di un ventenne. Per tracciare un attendibile ritratto del personaggio Piepoli, nulla di meglio che consultare lo storico «casellario giudiziario» di cinquantamila.it di Giorgio Dell'Arti: «Sondaggista. Tra i padri dei sondaggi in Italia, pioniere degli exit poll e scrittore. Presidente dell'Istituto Piepoli, da lui fondato nel 2003». Alla sua società Consortium Rai e Sky affidarono il compito degli exit poll per le elezioni politiche del 2008. Fu un bagno di sangue.

Alle politiche del 2013 ci fu chi lo accusò di aver «sottostimato il risultato elettorale del Movimento 5 Stelle». Ma lui rispose sferzante al Sole 24 Ore: «C'era un problema di storicità di lettura, sinora c'era stato un solo boom precedente a Grillo, Berlusconi». Di Piepoli, sul Fatto Quotidiano, Carlo Tecce ha scritto: «Il signor Istituto Piepoli se la cava sempre con un assioma: il sondaggista fotografa, non prevede. Ma spesso la polaroid di Nicola Piepoli scatta immagini sfocate».

Allora professore, ha fatto riparare la sua «macchina fotografica»?

«La mia macchina fotografica non ha bisogno di nessuna riparazione».

Sarà, ma lei aveva fotografato negli Usa la vittoria della Clinton e in Italia il trionfo referendario del «no» col conseguente «rafforzamento dell'impero renziano». Le cose poi non sono andate esattamente così...

«La verità è che siete voi a non capirle».

Scusi, a chi si riferisce quel «voi»?

«A voi giornalisti. Siete dei cog...».

Prego?

«Lo dico in maniera scherzosa, ovviamente. E le spiego il perché».

Spieghi pure.

«Negli Usa la Clinton ha preso più voti di Trump, ma Trump è diventato presidente in forza di meccanismi elettorali che nulla hanno a che fare con i pronostici dei sondaggi».

E con la «vittoria del sì» che in Italia ha invece perso miseramente come la mettiamo?

«L'esito del referendum era davvero imprevedibile».

Ma voi sondaggisti non siete pagati proprio per prevedere numeri e statistiche che dovrebbero servire ad anticipare gli eventi?

«È qui che sbaglia».

In che senso?

«Sa qual è il libro a cui mi ispiro?».

Un saggio dello statistico statunitense, George Gallup?

«No La vita è sogno di Calderòn de La Barca».

Ma che c'entrano i sogni col pragmatismo dei sondaggi?

«Esattamente come nella trama del dramma di Calderon de la Barca anche i sondaggi, in quanto anch'essi espressione della vita, risentono dei sogni».

Insomma, lei è una sorta di «sondaggista onirico»?

«Voglio dire che la realtà non è frutto di certezze, ma il combinato disposto di probabilità».

Probabilità che voi sondaggisti dovreste studiare col rigore degli scienziati. Come mai allora lei e i suoi colleghi venite spesso trattati nel talk show come degli stregoni quasi più folcloristici che attendibili? Memorabili, ad esempio, le bonarie prese in giro di Floris nei riguardi di Nando Pagnoncelli e di Mentana nei confronti di Fabrizio Masia.

«Io posso considerarmi per ragioni anagrafiche il nonno di tutti sondaggisti. La mia è una carriera di mezzo secolo costruita sulla credibilità dei risultati. Sul mercato ci sono anche ciarlatani, ma hanno vita breve. Nel nostro settore, per fortuna, vige la meritocrazia».

Eppure l'opinione pubblica continua a vedervi come «venditori di fumo».

«Perché in Italia non esiste la cultura del sondaggio. Noi, purtroppo, non siamo la Francia...».

E com'è la Francia?

«Un Paese dove i telegiornali spesso danno come prima notizia il risultato di un sondaggio. Una scelta che per i Tg di casa nostra sarebbe inconcepibile».

È vero che il generale De Gaulle, nel '69, prima del referendum costituzionale, commissionò un sondaggio che gli anticipò la sconfitta?

«Certo che è vero. E De Gaulle, quando conobbe l'esito per lui nefasto di quel sondaggio, indisse ugualmente il referendum. Una scelta che dimostra la levatura dell'uomo e del politico De Gaulle. Purtroppo di gente così in giro non se ne vede più».

Nella sua attività professionale sono più i clienti che la contestano o quelli che le sono riconoscenti?

«Di recente una dirigente Rai mi ha abbracciato per il successo strepitoso di Uno Mattina, trasmissione su cui il mio istituto si è concentrato con particolare attenzione. In passato le cose andarono bene anche con il programma d'esordio di Santoro: riuscimmo a elaborare per Michele uno studio sulla postura del corpo e la gestualità delle mani che fece impennare l'audience».

Un altro big della TV che segue i suoi consigli?

«Maurizio Costanzo, ha adottato la mia tecnica della levitazione».

Far «levitare» Costanzo non deve essere impresa facile.

«L'esperimento non ha riguardato lui, ma quasi. Durante una puntata del Maurizio Costanzo Show c'era un ospite che pesava oltre 100 chili. Abbiamo scelto tra il pubblico una decina di volontari e abbiamo cominciato a sollevare in alto l'ospite».

Ma qual era lo scopo della performance?

«Dimostrare che per avere successo abbiamo sempre bisogno di un gruppo coeso, da soli non si va da nessuna parte. Bisogna rimanere umili, saper guardare, ma soprattutto guardare avanti».

Oggi, in politica, più che il realismo, impera il cinismo.

«Il cinismo è solo uno dei problemi e neppure il più grave».

E cosa c'è di peggiore del cinismo?

«L'incapacità di capire il futuro, di guardare ad esso con un afflato di ampio respiro che miri al bene del Paese e non al proprio interesse particolare».

Pensa a qualcuno in particolare?

«Beh, Grillo è il campione di questa categoria, uno che pensa solo a distruggere. Ma questo è un difetto italico di massa. Demolire fa parte del nostro Dna».

E a costruire chi ci pensa?

«Nessuno. Perché i partiti e le grandi ideologie sono stati sostituiti da individualità, uomini-simbolo con le loro lobby autoreferenziali».

A proposito della capacità di coesione: nel Pd di Renzi c'è stata la scissione? Cosa dicevano i suoi sondaggi?

«Scissione garantita al 100 per cento».

Coloro che si rivolgono ai sondaggisti cosa vogliono sapere in particolare?

«Da noi si aspettano buone notizie più che previsioni attendibili. E quando queste ultime non coincidono con i loro desideri, vanno fuori di testa».

Ci faccia un nome.

«Massimo D'Alema».

Si parla sempre male dei politici. Lei ne ha conosciuto almeno uno che smentisca questo luogo comune?

«Ne ho conosciuti più di uno. Ma se devo limitarmi a un nome, faccio quello dell'ex presidente della Repubblica: Carlo Azeglio Ciampi».

Motivo?

«Nel 2000 persi tragicamente un figlio in un incidente stradale. Ciampi volle parlarmi. E pianse con me. Un uomo straordinario».

Ha conosciuto bene anche un altro inquilino del Quirinale, Oscar Luigi Scalfaro.

«Anche lui un politico vecchio stampo, statista di grande spessore».

Un aneddoto su di lui?

«Una volta mi chiese una previsione».

E lei?

«Replicai: Presidente, a questa domanda può rispondere solo il Padreterno...».

E Scalfaro?

«Senza fare un plissè, sussurrò: Va bene, allora lo chiederò direttamente al Padreterno durante le mie preghiere...».

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