«La mia sfida dal set al palcoscenico»

È un’unica frase, lunga sessantatre pagine e scritta senza punteggiatura, in un linguaggio che trabocca di parafrasi e ripetizioni. «La notte poco prima della foresta» viene universalmente considerata l’opera più sperimentale e dirompente di Bernard-Marie Koltès, il drammaturgo francese morto esattamente vent’anni fa. Rappresentata di rado nei teatri italiani, sarà in scena all’Elfo Puccini da stasera fino al 25 aprile nell’allestimento del regista colombiano Juan Diego Puerta Lopez.
Nel ruolo del protagonista, nonché unico personaggio della pièce, Claudio Santamaria. Sarà quindi l’attore trentacinquenne, reso celebre da film di cassetta come L’ultimo bacio o Romanzo criminale, a raccontarci la solitudine, il senso di estraneità, il nomadismo geografico e intellettuale, la smania di vivere e il bisogno di intimità di un personaggio che assomiglia più di ogni altro al suo autore. Koltès, che definiva il testo «la lunga espressione di un unico desiderio», fu tra l’altro il primo a metterlo in scena al Festival di Avignone del 1977. Si trattò di un allestimento molto statico, iperminimale e apertamente provocatorio, in cui un uomo seduto a un tavolino si lasciava andare a un flusso inarrestabile di parole: forse per sottolineare che, come afferma Santamaria, «tutte le situazioni evocate dal protagonista hanno luogo in uno spazio sospeso, fittizio, mentale. Nella progettazione dello spettacolo, Puerta Lopez ed io siamo comunque partiti da lì, da quella messinscena – aggiunge l’attore – ma abbiamo creato assieme a Carmine Guarino e Loredana Longo un ambiente decostruito, un luogo non luogo».
Quel contesto viene poi riempito da una forte tensione drammatica, da un magma linguistico in cui il protagonista evoca svariati territori dell’anima, tra i quali spicca una foresta (a cui si allude nel titolo del monologo) collocata in un Nicaragua remoto e idilliaco, un paese senza vincoli, senza censure, senza eserciti. «Mi sento in profonda sintonia con questa tensione a una libertà integrale che Koltès esprimeva anche attraverso una scrittura imperniata su flussi di pensiero, più che su logiche strutturate. Tradurla sulla scena rappresenta una sfida, un’impresa davvero ardua in cui ha gioca un ruolo importante il corpo. Durante tutto lo spettacolo cerco di rendere in modo fisico il senso di costrizione, la percezione di inospitalità con cui si misura costantemente il mio personaggio».
«La notte poco prima della foresta» ha obbligato Santamaria a una lunga pausa dal cinema e dalla televisione. «Non mi dispiace affatto allontanarmi dal set per fare teatro – chiosa però l’attore -. In fondo ho esordito su di un palcoscenico: tornarci periodicamente non può che farmi bene, non può che arricchirmi sul piano espressivo». Tra i molti film in cui ha recitato, neppure uno è stato girato a Milano. «Venendoci spesso mi sono comunque persuaso che si tratti di una città con una grande vocazione cinematografica.

Credo che questa mia impressione venga anche confermata da alcune pellicole girate di recente: penso soprattutto a “Io sono l’amore“ di Luca Guadagnino, un film in cui Milano appare come una malinconica, elegante e tutto sommato poetica metropoli».

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