Sì... no... forse. Quando si ha a che fare con Michelangelo la cautela non è mai troppa. E se si tratta di attribuirgli unopera ci vogliono documenti e fatti. Il dilemma riguarda La Pietà di Marcialla (vicino Tavarnelle Val di Pesa, a 40 chilometri da Firenze). La tradizione locale lattribuisce al maestro. Così due storici dellarte esperti in materia - James Beck e Alessandro Vezzosi - hanno fatto un sopralluogo, ma il dubbio resta. La Pietà di Marcialla presenta un elemento inconsueto e cioè la presenza di due figure ai lati che reggono ognuno una croce. È soprattutto la figura di destra che desta i maggiori «sospetti». Per il resto laffresco non è granché, forse a causa di restauri eseguiti con un po troppa superficialità. Quanto ai documenti ci sono. Come riportato nel volume Michelangelo Buonarroti nel IV centenario del Giudizio Universale, scritto nel 1942 dallo storico dellarte Roberto Weiss (che fu corrispondente de Il Giornale da Helsinki), la prima volta che si rammenta laffresco è nel 1655, in occasione della visita dellArcivescovo Nerli. Lattribuzione a Michelangelo è successiva di poco (1689) quando, per larrivo dellArcivescovo Morigia, in un documento si fa esplicito riferimento a Michelangelo. Da quel momento seguì una serie abbastanza fitta di indicazioni della paternità. Nel 1949 Giovanni Papini volle riassumere la storia dellattribuzone dellopera nella sua Vita di Michelangelo, chiedendosi perché lartista si trovasse a Marcialla nellultimo quinquennio del XV secolo: per studiare anatomia e per «provarsi» nellarte dellaffresco. A quellepoca la mano dellartista non era ancora esperta, a conferma che quellaffresco Michelangelo potrebbe averlo solo iniziato o ispirato, come sostiene la storica dellarte Cristina Acidini. Altri documenti di matrice ecclesiastica però confermerebbero la paternità. Più benedizione di così..
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