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da Roma

Per la nuova Alitalia «servirà qualche mese; sarà un’impresa ardua, richiederà sacrifici, ma ci riusciremo», dice Silvio Berlusconi. L’importante è che la compagnia resti italiana, spiega il presidente del Consiglio in pectore.
Per raggiungere la soluzione, molti sono al lavoro: fra questi, Carlo Toto. Nei giorni scorsi, il patron di Air One ha esaminato a fondo il dossier Alitalia. È indubbio che la sfida intriga l’imprenditore abruzzese, che tuttavia - a quanto riferiscono fonti a lui vicine - avrebbe posto due condizioni alla sua partecipazione: poter gestire l’operazione, e soprattutto diventare partner di un’Alitalia già «ripulita». Toto non intende procedere in prima persona a riduzioni di personale, prepensionamenti, spostamenti dei dipendenti di AZ Service in Fintecna, e così via. In breve, il presidente di Air One non vuole tuffarsi in un mare di questioni sindacali aperte.
L’atteggiamento di Toto è comprensibile. Dalla crisi di Alitalia, la sua compagnia ha tutto da guadagnare in termini di traffico e di passeggeri (si stimano 4-5 milioni di passeggeri in più per Air One); e non ha problemi a trasportarli avendo ordinato un centinaio di aeromobili nuovi - 90 Airbus A320 che vengono consegnato a ritmo sostenuto e due A330-200 per le tratte intercontinentali - in otto anni. Allo stesso tempo, la sfida Alitalia non può lasciare indifferente l’imprenditore di Chieti. Anche perché, dopo l’abbandono di Air France, le ultime uscite ufficiali delle grandi compagnie aeree europee non sembrano molto incoraggianti.
Chiamata in causa da anticipazioni e sussurri, la Lufthansa ha chiarito, attraverso il direttore amministrativo Stephan Gemkow, che «la nostra valutazione su Alitalia non è cambiata», visto che «gli sviluppi delle ultime settimane hanno confermato il nostro giudizio». Inoltre, aggiunge Gemkow, «nelle ultime settimane non abbiamo avviato alcun colloquio con il governo o con il management». Dichiarazioni che hanno avuto un pesante impatto sul titolo Alitalia in Borsa (meno 13,6%). Chi conosce bene la compagnia tedesca, sa che il maggior timore dei suoi dirigenti è uno scontro sindacale lunghissimo e dall’esito incerto.
Quanto alla questione del prestito-ponte da 300 milioni, la sua legittimità sarebbe stata oggetto di una telefonata informale tra Berlusconi e il presidente della Commissione europea, Manuel Durao Barroso. Da Bruxelles non confermano, ma non smentiscono il colloquio. Berlusconi ha sollecitato l’Europa a non ostacolare, ma anzi agevolare il salvataggio della nostra compagnia nazionale.

Di avviso opposto il ministro uscente delle Infrastrutture, Antonio Di Pietro. In Consiglio dei ministri, l’ex pubblico ministero si è schierato contro il prestito-ponte concesso da Prodi e Padoa-Schioppa alla compagnia: «È illegittimo, un aiuto di Stato», sostiene.

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