Politica

Migliaia di uccelli morti in pochi giorni Giallo in Iran su un male misterioso

Le autorità mettono la zona in quarantena, ma non riescono a spiegare i tremila decessi

Guardare il cielo non ha mai fatto così paura. Più di tremilaseicento uccelli acquatici selvatici nell’Ovest dell’Iran, a Poldasht, sono morti. Dal 12 ottobre scorso cadono dal cielo e nessuno sa dire perché. Veterinari, autorità governative, organizzazioni mondiali della Sanità stanno cercando di trovare una spiegazione al fenomeno. Ma per il momento resta un caso di morte sospetta senza spiegazione.
Un virus misterioso: debolezza e morte sono i soli sintomi di questa malattia. Nessuna lesione particolare all’esame necroscopico. Notando l’alto tasso di mortalità tra gli uccelli selvatici, i veterinari iraniani hanno lanciato l’allarme all’Oie, l’organizzazione mondiale della Sanità animale con sede a Parigi. Sul sito Internet l’Oie precisa: «Nessun agente patogeno è stato ancora identificato. Dall’autopsia non appare nessuna lesione particolare». Le autorità di Teheran hanno messo la zona in quarantena, sono stati fatti gli esami per verificare un possibile contagio da influenza aviaria. Nessun risultato. E resta il giallo. Gli uccelli muoiono, in tanti, come decimati, più di tremila in un solo mese. E ogni animale che cade è un rebus, un interrogativo senza risposta. L’unica cosa certa è la paura, il timore che il virus che colpisce i polli abbia imparato a volare. È la stessa inquietudine che in questi giorni si respira in Occidente, ma qui ad Est, in Oriente, è una paura più vecchia. È qui che il virus è nato. È qui che si sta diffondendo.
L’ultimo report dell’Organizzazione Mondiale per la Salute Animale indicava che il virus stava trasmigrando verso Ovest. All’inizio di agosto sono stati registrati casi in Russia e in Kazakhistan. La Fao, intanto, continua a segnalare focolai di contagio in Vietnam, Indonesia, Cambogia e Cina, Thailandia e Laos. Ricordiamo che l’epidemia in questi Paesi è già costata la vita a 150 milioni di animali con anche pesanti ricadute economiche sui piccoli contadini che dipendono dall’allevamento di questi animali. Casi di contagio umano, tutti legati al contatto diretto con animali malati o morti a causa dell’H5N1 sono stati sinora registrati in quattro Paesi: Vietnam, Thailandia, Cambogia e Indonesia. Solo alcuni casi di contagio tra umani sono stati identificati ed episodi di contagio in Giappone, Malesia e Corea del Sud sono stati bloccati con successo.
L’esperienza nei Paesi del Sud Est Asiatico dimostra che i casi di contagio umano sono rari e che il virus non si trasmette facilmente dagli uccelli agli esseri umani. Al momento la maggior parte dei casi è stata registrata in aree rurali e sono legati al diretto contatto con animali malati o morti a causa del virus, in particolare durante fasi di macellazione, spennamento e preparazione dei cibi. Non si registrano invece casi tra i lavoratori addetti all’allevamento o legati al consumo di carni opportunamente cotte o uova.
Il caso iraniano, invece, preoccupa, non perché più pericoloso, ma perché le cause per ora restano ignote. Qualche ricercatore ha ricordato l’analogia con la Mongolia. Quest’estate 89 uccelli migratori sono morti nei pressi di due laghi nella parte settentrionale della regione. La causa della morte, secondo i veterinari locali, è il virus H5N1, ma il ceppo esatto non è stato identificato.

La paura è appunto questo: il virus si sta trasformando? Ci vorrà ancora un po’ di tempo per una risposta sicura.

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