Il miglior ristorante del cielo? È l’Alitalia

«Tutto quello che voi odiate del viaggiare, l’aria condizionata, la luce artificiale, il succo di frutta sintetico dei distributori, il sushi scadente... sono timidi e dolci segnali che io, invece, mi sento a casa». A parlare così è il fascinoso frequent flyer George Clooney, alias Ryan Bingham nel film più rappresentativo e malinconico degli ultimi anni, «Tra le nuvole», dove lui gioiva, almeno fino a metà pellicola, di tutto ciò che noi odiamo o diciamo di odiare quando voliamo.
Può darsi, però, che Ryan Bingham non volasse Alitalia, perché una recentissima notizia proveniente dall’America – a firma Faith Willinger sull’ultimo numero on line dell’Atlantic Monthly – disegna un quadro totalmente diverso della situazione. Be’... almeno in prima classe.
Willinger è chef e scrittore di professione. Arrivato per la prima volta in Italia nel 1973, è «residente sentimentale» nel nostro Paese da più di trent’anni. È uno dei più famosi «italian food lover» d’America, scrive articoli su «Gourmet», «Food & Wine», «Travel & Leisure», «Departures», ed è autore di libri come «Gli chef di Cucina Amore», «A pranzo in Italia, Rosso, bianco e verde», nonché, ovviamente, di un viscerale «Avventure di un amante della cucina italiana».
Lo scorso aprile, proprio a ridosso dell’eruzione del vulcano islandese Eyafjallajokull che avrebbe creato parecchi problemi nello spazio aereo europeo, Willinger si trovava in volo verso gli Stati Uniti. Per lui «Magnifica», la top class Alitalia, era sempre stata una profonda delusione. «La parte più buona del pasto – scrive Willinger – era la salviettina lavamani calda. Ero costretto a portarmi da solo cibo e olio extra vergine di oliva».
E invece, sorpresa. Proprio su quel volo, l’«Italian Food Lover» scoprì che, nonostante Alitalia cominciasse appena a uscire da una travagliata crisi aziendale, le cose erano cambiate. Gli venne servito baccalà con radicchio, polenta con i funghi, formaggio Asiago DOP (Denominazione di origine protetta). Il resto del menu – Willinger evitò di abbuffarsi ma prese nota – era un banchetto di diverse portate. Il vino, servito dagli assistenti di volo addestrati dall’Associazione Italiana Sommelier in bicchieri Richard Ginori, era possibile sceglierlo in base alle regioni di provenienza. Alla fine, si poteva sorseggiare un caffè guardando un video sulle prelibatezze culinarie italiane.
Idem sul viaggio di ritorno. Willinger assaggiò sarde in saor, soppressa di Vicenza, purè di patate e rafano, seppia «in stile veneziano» e faraona, brasato con radicchio rosso di Treviso IGT (Indicazione geografica tipica), il tutto innaffiato da un Merlot «memorabile». Solo la colazione del giorno dopo non era all’altezza, ma i voli successivi di Willinger «Italia-California» se la sono fatta perdonare con un menu regionale basato su prodotti della Toscana, dopo quello incentrato sul Veneto. L’«Italian Food Lover» è rimasto così colpito da informarsi, una volta a terra, sui programmi gastronomici di Alitalia: settembre sarà il mese della cucina laziale e pugliese, con prodotti DOC, DOP, IGT e chi ne ha più ne metta, tutto in collaborazione con l’AICIG, i Giovani ristoratori d’Europa, Buonitalia e il il Ministero dell’Agricoltura.

Anche i colleghi viaggiatori di Willinger, come racconta lui stesso, sono rimasti entusiasti. Probabilmente, l’unico deluso sarebbe stato Ryan Bingham. Ma i frequent flyers, si sa, non si trovano a casa in nessun posto.

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