Il Milan vince ma la Champions non è al sicuro

«Nessuno è in forma, eppure mi hanno stupito tutti. Merito del cuore: vogliamo questa coppa»

da Milano
Unarete di Inzaghi contro tutto e tutti, un gol che allontana fantasmi e tensioni che si leggevano in casa Milan sotto gli occhi di Silvio Berlusconi e Adriano Galliani e davanti a settantamila tifosi in assoluto delirio da Champions.
La Stella Rossa faceva paura solo per la preparazione più avanzata, si temevano solamente i secondi 45’, invece Dida ha dovuto guardare tutto da lontano, come se avesse un tagliando da terzo anello. Eppure c’era da stare bei freschi: dopo un minuto e mezzo un certo Jankovic è andato via sulla destra, Billy Costacurta ha avuto un attimo di esitazione, tutti si aspettano il cross per la testa di Zigic e invece palla bassa, irrompe Georgiev e Dida fa la paratona. Scossa durissima, presagi da notte in bianco, preliminare maledetto.
Invece la Stella Rossa chiude qui le trasmissioni, stop, non si vede più, lentamente si schiaccia indietro e subisce ogni sorta di violenze, palloni a destra e a sinistra, centrali, alti, bassi, sbilenchi, velenosi. Il Milan mette insieme qualcosa come otto palle gol in quarantacinque minuti, tirano Seedorf, Gilardino, Inzaghi e Kakà, i serbi hanno difficoltà a uscire palla al piede dalla loro metà campo, c’è solo il Milan. Lavoro pesante sulle fasce per tagliare i rifornimenti per Zigic e squadra molto alta per costringere il pennellone al centro dell’attacco serbo a trovarsi almeno trenta metri dalla porta di Dida. Non ci sono mai pericoli per Dida, arrivano due palloni dalle fasce per Zigic, al 26’ e al 30’, innocuo il primo, altissimo il secondo.
C’è Pirlo a fare la differenza, anche Seedorf e Kakà, ma il campione azzurro senza spendere troppo fiato, così come aveva chiesto Ancelotti alla vigilia, va di finta e controfinta e crea delle voragini nella metà campo della Stella Rossa che si difende anche con otto, nove giocatori. Sul guizzo di Inzaghi però non c’è storia, anzi c’è, ed è tutta da raccontare: tutto in profondità, tutto in diagonale, da sinistra a destra, la tocca Gilardino per Kakà, ancora in mezzo dove Inzaghi sembra spuntato da Kaiserslautern, nemmeno il tempo di capire e Randelovic è per terra pesante e stordito: 1-0, è il 21’.
Gol dei suoi nel giorno del suo trentatreesimo compleanno, Inzaghi mantiene sempre, ma il sollievo maggiore lo dà Kakà: il Milan non voleva giocare questo preliminare ma Kakà dava l’idea di non essersi accorto che invece la partita era stata confermata. Svogliato e poco dentro il gioco, il brasiliano ha invece fatto l’assist della serata e si è ripulito l’anima.
E quando il gioco è ripreso, tutto come prima.
Il Milan resta alto, altissimo, si continua a porta unica, Seedorf la metta qua e là, Pirlo non abbandona mai il centro dell’attenzione, ogni volta che tocca la palla è una invenzione. Dietro basta un Simic decoroso per tamponare Zigic, sulle palle alte Costacurta si gioca i parietali e lo affronta con coraggio, Dida non deve fare altro che accogliere fra le braccia un colpo di testa morbido. Nel finale i serbi qualcosa di più fanno ma è Seedorf a picchiare duro verso Randelovic e Gilardino a mancare un paio di occasioni buone.

Uno a zero è bello è abbondante, non garantisce il passaggio del preliminare ma ci mette sopra un bel carico. Così come questi prossimi quindici giorni che mancano al ritorno. Andare a Belgrado senza reti al passivo è un bel viaggiare.

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