Gianandrea Zagato
Cè unaltra Milano che non piace ai milanesi. Qual è? Be, è quella in mano a malavita e clandestini: quartieri diventati linferno per la gente perbene. Mappa di aree a rischio spalmate da Crescenzago a Triboniano e giù a Ponte Lambro passando per lex stazione di Porta Vittoria e largo dei Gelsomini al Lorenteggio.
Ghetti come quello di via Anelli, quartiere Stanga a Padova, dove lamministrazione comunale ha eretto una cortina dacciaio anti-spaccio: tre metri daltezza per cento di lunghezza che, garantisce il ministro per la Solidarietà sociale Paolo Ferrero, hanno contribuito a «migliorare la vita». Muro che secondo il ministro del governo Prodi va esportato «in situazioni simili». Idea da bissare pure a Milano, dunque. E Palazzo Marino risponde positivamente.
«Alzare un muro non è un problema. Bisogna valutare se utile, naturalmente. Se non ci sono cioè controindicazioni si può fare» afferma il vicesindaco Riccardo De Corato. Ma, attenzione, «bisogna evitare la costruzione di un ghetto, dove allinterno succede di tutto e di più. Un muro protegge lesterno ma allinterno, dietro quella barriera chi controlla quello che succede?». Come dire: «Bisogna poter verificare quello che accade dentro il muro e, quindi, come sta avvenendo per la messa in sicurezza dellarea dellex stazione di Porta Vittoria, questa amministrazione non innalza muri bensì recinzioni, cancellate a vista».
Variante ambrosiana di un muro per proteggere la città dalla microcriminalità che, chiosa il vicesindaco, «appena un decennio fa era impensabile vedere non solo sostenuto ma pure difeso dal centrosinistra». Osservazione che allombra di Palazzo Marino viene confermata da Marilena Adamo, capogruppo dellUlivo: «Esportare il muro patavino a Milano? Sono contraria, anche se non conosco approfonditamente la realtà della citta del Santo: sopporto a malapena le cancellate che dovrebbero preservare siti di valore storico e artistico». Valutazione che Ettore Martinelli, consigliere comunale Ds, completa: «In un momento di necessità, caratterizzato dallemergenza, unamministrazione comunale può anche pensare a questa misura. Ma sapendo che innalzare i muri è un segnale pericoloso perché significa dichiarare il fallimento della politica».
Affermazione allinsegna del «Male estremo, estremo rimedio» che Roberto Caputo, consigliere provinciale della Margherita, non sottoscrive in toto: «Sono per abbattere i muri, non per costruirli. È una misura estrema che non serve a niente, neppure per affrontare situazioni demergenza. Lunica soluzione possibile in quei quartieri milanesi governati dalla criminalità è abbattere le case». Decisione, aggiunge lex azzurro Caputo, «necessaria perché quelli sono non luoghi da cancellarli per farli vivere di vita propria».
Soluzione drastica e senza ideologia che lex prefetto di Milano Bruno Ferrante - oggi consigliere comunale del centrosinistra - non sposa perché «Milano non è diversa dalle altre città»: «Milano sicura? Dare un giudizio non è facile, non ci sono parametri oggettivi per stabilirne il livello di sicurezza e landamento statistico dei reati poco interessa ai cittadini. La soluzione? Intervenire sulla percezione dei milanesi, dare loro una città più vivibile».
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