"Milano-Cortina è casa mia. E tutta Italia sarà con noi"

Il discesista azzurro Dominik Paris conosce la pista di Bormio come le proprie tasche. Ai Giochi punta alla medaglia d'oro

"Milano-Cortina è casa mia. E tutta Italia sarà con noi"
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Con gli sci azzurri ai piedi, solo Alberto Tomba e Gustav Thoeni hanno saputo ottenere più vittorie di lui. Lui però ha un record che anche i mostri sacri gli possono invidiare: è il discesista più vincente della storia su uno stesso tracciato. Che nel suo caso è Bormio, proprio il tracciato olimpico che nel 2026 farà di Milano e Cortina il centro del mondo sportivo. Un appuntamento che Dominik Paris, 35 anni altoatesino di Merano, attende con ambizione. Lo conferma mentre osserva le guglie della cattedrale milanese, nello spazio Samsung dello Sport Village dedicato ai prossimi Giochi, in piazza Duomo a Milano.

Paris, con che spirito guarda ai Giochi di Milano e Cortina?

«La vivo come un'occasione di disputare finalmente un appuntamento così importante in un posto conosciuto. Di più, a casa. Se penso che sono partito da Vancouver per farne tre...».

Altre tre, intende dire?

«Sì, ho i capelli bianchi, non ricordo più (ride, ndr). Milano-Cortina sarà la mia quinta Olimpiade, ma il concetto è quello: finalmente in un posto conosciuto. Quando gareggi, vedi la pista e basta. Ma sapere che c'è attorno a te qualcosa di familiare aiuta».

Solo vantaggi o anche svantaggi? Avverte il peso della responsabilità?

«Sento la pressione ma non sento il peso. Sai che tutta Italia vorrebbe un Oro e io stesso lo voglio».

Questo il suo obiettivo?

«Quando sei in gara, l'obiettivo è sempre vincere, poi - a seconda di come evolvono le cose - puoi indirizzarti anche su altri traguardi».

Milano-Cortina 2026 è una grande vetrina: come ci arriva lo sci italiano?

«In condizioni difficili. Ma c'è ancora un po' di tempo perché qualcosa possa cambiare. Qualcuno c'è: la squadra femminile è forte. Nel maschile c'è Franzoni che è abbastanza sveglio, ma può essere che qualcuno dei giovani non ci abbia ancora fatto vedere quel che può fare».

Preparare le Olimpiadi significa anche accompagnare una generazione all'evento. Lo si sta facendo abbastanza per Milano-Cortina?

«Non lo so. La programmazione di un'Olimpiade è un progetto lungo 6 o 7 anni, da anni cerchiamo giovani che non sono ancora emersi. Io intanto penso a farmi trovare in condizione, a prepararmi ed essere competitivo».

Ok, ma insisto: un'Olimpiade è un'occasione di crescita per tutto il movimento e per le città che la ospitano. A che punto siamo?

«Dipende tutto dai media, dai giornali. Sono loro che ci presentano, ci rendono più conosciuti e permettono alle persone di seguirci».

Le sembra che a un anno dall'evento ci sia la giusta attenzione mediatica?

«Gli sport invernali durano poco e non si praticano in tutto il mondo. Da noi comandano il tennis e il calcio, dove girano più soldi».

Milano-Cortina porterà anche lavoro. Negli sport «non da copertina» pensare al dopo agonismo è spesso uno scoglio. Cosa c'è nel suo futuro?

«Sicuramente pensare al dopo attività, in sport come lo sci, è più difficile. Quando smetti devi trovarti un lavoro. Non sei un calciatore, ci sono più scalini da affrontare, ma l'impegno per arrivare ad alti livelli è il medesimo. E io no, non ho ancora pensato a cosa farò dopo».

Milano-Cortina sarà un evento riuscito se...?

«Se l'Italia sarà contenta se vedrà i suoi atleti protagonisti. Personalmente, sarà un'Olimpiade riuscita se andrò a medaglia».

Lei negli anni si è anche costruito un certo successo nella musica heavy metal: se vincesse le Olimpiadi, magari la inviteranno poi a Sanremo

«No... quello è un livello per me troppo alto».

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