Milano e Roma La lezione Expo e le Olimpiadi

di Alberto Giannoni

Milano non avrebbe detto quel «no». Non avrebbe sbattuto la porta in faccia alle Olimpiadi. O almeno non lo avrebbe fatto per paura come i 5 Stelle a Roma. Milano avrebbe forse colto l'occasione di un evento simile, oppure l'avrebbe rifiutato questo nuovo appuntamento, ma a ragion veduta. Avrebbe prima calcolato costi e benefici, limiti e opportunità di una candidatura olimpica. E poi avrebbe deciso. Ma sarebbe stata una decisione pragmatica, politica, non ideologica e propagandistica.

È successo con Expo. La vicenda del 2015 è stata anche questa: la storia di un grande evento concepito dall'amministrazione del sindaco Letizia Moratti (centrodestra) e gestito da commissario dall'attuale sindaco Beppe Sala (oggi Pd) nell'era del sindaco Giuliano Pisapia. Con tutti i limiti, mai taciuti, Expo è stata una scommessa di Milano, di tutte le forze (politiche, economiche e civiche) della città. Una scommessa, certo, che non è stata al riparo da incognite o appetiti poco rassicuranti. L'ombra del malaffare o anche solo dello spreco hanno rappresentato una minaccia reale, ma gli anticorpi sono entrati in azione. Dire no alle Olimpiadi per il timore delle mazzette o del cemento non è una scelta, è una sconfitta. Equivale a rifiutare a scatola chiusa un'occasione, ma soprattutto manda al mondo un messaggio negativo sul Paese. Significa infine certificare la propria irrilevanza (gli «onesti» sono impotenti davanti ai «cattivi»?). Questa vicenda dice molto dei 5 Stelle ma parla anche delle nostre città. La Milano del post Mani pulite era impaurita e ripiegata su se stessa. Poi si è ripensata.

E si è ricostruita, fisicamente ma non solo. Ha ripensato il suo orizzonte e il suo «sky line». Oggi, al di là delle differenze (enormi) fra gli schieramenti politici, ha la fisionomia di una capitale che può sbagliare, ma non dice solo no.

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