Milano fa la festa al "Gallo". Ma non ai Knicks

New York non è ancora da spettacolo, però batte l’Armani. E regala una serata unica ai 12mila del Forum

Milano fa la festa al "Gallo". Ma non ai Knicks

Milano - Certe cose è meglio immaginarle che viverle come quando la gente si scatena per un tiro da 20 metri di Hawkins alla fine del terzo quarto, annullato dalla sirena e da arbitri contestati, come nel momento del bacio sportivo fra il talento di Gallinari e quello di Melli che chiudono bene dopo aver combattuto l'emozione. New York vince (125-113), ma non decolla mai. Milano perde, anche se non si arrende subito, anzi, fa venire dei dubbi enormi a chi sperava che i nuovi Knicks fossero meno fragili di quelli dell'ultima stagione finita tanto presto e tanto male: nei primi due quarti la difesa non tiene quasi mai e quando Jaaber ruba due palloni e Mordente naviga nel cielo di una squadra di carta, Milano va avanti 41-36 e la faccia di Donald Walsh, il presidente dei Knicks, è color cenere, certo meno radiosa di quella di Giorgio Armani che scopre Pecherov e Jaaber, si diverte a vedere Maciulis che mette in sofferenza Gallinari, trova la fantasia nel Mancinelli restituito dalla Nazionale con nuove certezze.

Anche il Gallo soffre, sbaglia i primi due tiri, ma poi si libera della commozione che lo aveva incatenato prima della partita quando ha parlato alla gente con un microfono che funzionava un po' come la sua squadra di oggi, a intermittenza, andando a segno anche se dopo il primo quarto di 12' il tabellone dice 23-26, più o meno come a metà gara, un 52-58 alimentato dai 14 punti del Gallo (24 alla fine) e dai 20, la metà però su tiro libero, dello Stoudemire irritante dell'avvio, come capita ai veterani che sanno come dosare le forze mentali in una stagione che per New York si inizia con le trasferte del 27 e 29 ottobre a Toronto e Boston. Più largo il margine del terzo tempo:79-91 con i 10 punti di Chandler uno di quelli su cui si fanno tanti progetti, uno come Gallinari, anche se al momento sembra più affidabile del nostro ragazzo prodigio. Con lui si scatenano nel quarto tempo i Knicks che D'Antoni vorrebbe vedere, ma certo dovranno sudarsi ogni dollaro e ogni vittoria. Sull'Armani ancora incompleta, con il talentino Melli da svezzare senza avvilirlo, come può succedere in partite come quelle di ieri dove comunque ha chiuso con due belle entrate, bisogna dire che l'impatto di Pecherov, oltre 20 punti in meno di 20', segnala l'arrivo in città di uno sceriffo che potrebbe tormentare il Lavrinovic senese.

Volevamo una messa cantata per il ritorno a casa di Mike D'Antoni e Danilo Gallinari, ma ci eravamo dimenticati che intorno avrebbero dovuto ballare in troppi. Esagerazioni per dodicimila persone venute con amore e solo per amore, ma chi organizza, spesso, confonde le cose anche se, dopo gli abbracci, gli inchini, i premi, l'omaggio di Giorgio Armani e del sindaco Moratti ci hanno almeno concesso pezzi di partita quasi vera dove in molti hanno fatto fatica a riconoscere Amar’e Stoudemire, almeno fino a quando il vantaggio Armani dopo 14 minuti non aveva rubato il sorriso alla faccia del suo allenatore e a quella del giovane compagno che voleva baci, abbracci, ma soprattutto gloria anche se marcando Maciulis ci ha rimesso spesso col lituano arrivato a 16 punti nel terzo quarto.

Squadre in cantiere, con allenatori sotto esame, D'Antoni a New York vive, e vivrà, se le promesse sono queste, i tormenti del Bucchi milanese.

Ma un conto è costruire, un altro è andare in sofferenza proprio davanti a gente che lo venera.
Non respira bene neppure sul 109-87, perché i cacciatori di Bucchi rubano palloni per un parziale di 14-0 che riapre le ferite dell'inizio e gli lasciano l'amaro in bocca, anche se il Gallo chiude alla grande.

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