«Milano è il motore d’Italia ma bisogna semplificare di più»

Uno studio di sindacati e Assolombarda sul lavoro: burocrazia e carenze di infrastrutture frenano lo sviluppo

«Fare, fare bene e fare in fretta». Cgil-Cisl-Uil annuiscono. Sì, i confederali sottoscrivono quel virgolettato-appello alle Istituzioni lanciato da Diana Bracco perché sanno che «Milano non può attardarsi».
Già, Milano «è il motore del Paese» col tasso di disoccupazione a quota 4 per cento - contro il 7,7 della media italiana - e quello di occupazione al 66,7 per cento ovvero a un passo dall’obiettivo del 70 per cento messo nero su bianco per il 2010 dall’agenda di Lisbona. Ma la Milano «motore del Paese» non può, afferma categoricamente il presidente di Assolombarda, «perdere tempo: c’è bisogno di regole stabili per poter pianificare».
Messaggio chiaro: «Le aziende possono competere a livello globale solo se i prodotti che fanno sono competitivi rispetto alla concorrenza internazionale e solo se il contesto territoriale in cui operano è competitivo rispetto agli altri territori dove si lavora e si produce». Come dire: è lapalissiano che quanto più il rapporto tra imprese e pubblica amministrazione è complesso e intricante, «tanto più il contesto è penalizzante». Risultato? Si frena «il dinamismo economico» annota Diana Bracco e quindi «significa che le nostre imprese non sono nella condizione di competere alla pari con gli altri Paesi europei».
Fotografia della realtà ambrosiana dove eccessi di burocrazia e carenza di infrastrutture ne ostacolano lo sviluppo. Fermo-immagine scattato nell’interesse della collettività, consapevole «che ogni intervento concreto di semplificazione libera risorse che vanno a beneficio della capacità delle imprese di competere e, quindi, di creare occupazione, sviluppo e benessere».
Cgil-Cisl-Uil continuano ad annuire, a sottoscrivere ogni parola dettata ai cronisti dal presidente di Assolombarda. «Occorre selezionare regole, modalità e sedi decisionali» fa sapere Onorio Rosati, segretario della Camera del Lavoro: «Bisogna individuare doppioni e storture per favorire la concertazione tra Istituzioni».
Note chiare ed eloquenti di chi sa, come Diana Bracco, che la parola d’ordine è «semplificazione». «Questo chiediamo alla pubblica amministrazione» chiosa il presidente di Assolombarda. «Gli ambiti d’intervento? Norme, procedure, organizzazione e livelli di competenza della pubblica amministrazione, fino al paradosso: sono da semplificare persino gli strumenti della semplificazione, come gli sportelli unici per le attività produttive».
Scapperebbe da ridere se non ci fosse da piangere perché di quel sostantivo, «semplificazione», ci sono chilometri di tracce ma, attenzione, «la semplificazione reale è distante anni luce da quella annunciata». Che, in sintesi, vuol dire: «Qualcosa si muove ma c’è ancora un lavoro impegnativo» da mettere in pratica perché «il processo della semplificazione legislativa e amministrativa si trasformi una “agenda-Paese”, che indichi con chiarezza obiettivi e azioni ma pure tempi e responsabilità di ognuno».
Compito delle Istituzioni e delle imprese in collaborazione con le forze sociali spalmate sulla Milano che guarda all’Expo 2015.

Superamento delle criticità e soprattutto delle carenze «in infrastrutture immateriali» indispensabile per l’area milanese che, parola di Cgil-Cisl-Uil, «deve liberare le sue potenzialità di crescita». Deficit da recuperare bene e in fretta, naturalmente.

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