«Milano non può ospitare un solo rom in più»

La Cdl contro l’esponente Ds: da lui nessuna proposta realistica

«Milano non può ospitare un solo rom in più»

Gianandrea Zagato

La linea è tracciata: bisogna ristabilire la legalità compromessa. Quella quotidianamente messa in discussione da sessantamila clandestini che bivaccano a due passi da piazza Duomo. Esercito dove non manca il degrado e l’imbruttimento ovvero esistenze vissute fuori dalle regole della civile convivenza. Situazione che i milanesi chiedono di affrontare con determinazione.
Quello che, accusa il Comune, la Provincia non dimostra: «Dice un vecchio proverbio che non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. Infatti, quello che Penati non vuol capire o fa finta di non capire è che Milano non può ospitare un solo nomade in più». Lo dicono i «numeri» ricorda il vicesindaco Riccardo De Corato: dati che provano come la città sia diventata una calamita per romeni clandestini e come quest’esercito abbia trasformato discariche in baraccopoli, dove ci sono le braccia della criminalità e del lavoro nero. Immagine che spingerebbe a buttare alle ortiche i falsi buonismi, «è il momenti dei fatti e non delle parole» come dice il questore Paolo Scarpis. Ma la Provincia di Milano imbocca la strada della polemica «sfornando comunicati stampa a raffica pieni di omissioni e imprecisioni» fa sapere Guido Manca.
Note, chiosa De Corato, che dimostrano come la giunta guidata da Filippo Penati «non stia cercando un dialogo costruttivo tra le Istituzioni ma stia facendo solo un discorso prettamente politico». Strategia, quella condotta dal diessino Penati, che «ostacola i lavori nelle baraccopoli, quei lavori reclamati dai milanesi per la messa in sicurezza del campo di via Triboniano, dove ospiteremo trecentoventi rom e non uno di più» ricorda Manca. Nuovo campo che, per la cronaca, alle casse del Comune costa un milione di euro e che Penati vorrebbe, invece, spezzettare in tre campi da cento ospiti l’uno e tutti, sorpresa, spalmati sul territorio milanese, «nonostante Milano non possa più ospitare un solo nomade». Presa di posizione dell’inquilino di Palazzo Isimbardi che, sottolineano da Palazzo Marino, sul problema rom «ha dimostrato disinteresse, fino a quando non è intervenuta anche la richiesta del prefetto Bruno Ferrante».
«Richiesta» che ha poi visto Penati «insegnarci come realizzare i campi» piuttosto che far pressioni sui Comuni della Provincia: «Quei Comuni - butta là Manca - tutti in mano al centrosinistra che ben si guardano dall’offrire un’area per i nomadi in regola col permesso di soggiorno. Nomadi che, guarda caso, sono sempre stati dirottati su Milano proprio da quelle amministrazioni comunali». Accusa pesante ma suffragata da un’ampia documentazione: faldone che Palazzo Marino è pronto a inviare al civico 1 di via Vivaio, «a patto però che, Penati, li studi e non si trovi impreparato come oggi nonostante gli atti e le numerose carte inviategli per prepararsi alla riunione di stamani con il prefetto».
Appuntamento delle 9.30 in Prefettura per rafforzare il controllo del territorio e ridurre il degrado sociale, dove l’inquilino di Palazzo Isimbardi si presenta preannunciando che «in questo campo la Provincia non ha poteri se non quelli di coordinamento e di persuasione». Come dire: o gestiamo tutta l’emergenza oppure facciamo gli spettatori. Messaggio irresponsabile per il Comune e pure per i comitati di quartiere che attendono risposte concrete e serie. Quelle che, dice un comunicato congiunto della Casa delle libertà della Provincia, «Penati non sa dare»: «Se ha soluzioni concrete le presenti pubblicamente. Ma, al contrario, ci sembra che il presidente stia ricercando solo slogan per cavalcare una vuota visibilità senza suggerire alcuna proposta realistica e percorribile».


E mentre la Casa delle libertà ricorda che «Rifondazione comunista, Ds e i partiti della maggioranza del presidente hanno imposto che la polizia provinciale si occupi solo di reati ambientali e non più di contrasto alla criminalità», l’assessore provinciale ai Diritti dei cittadini, Francesca Corso, rivela che «prima di parlare di strutture nei comuni della Provincia dobbiamo risolvere il problema della città di Milano». Voce dal sen sfuggita di chi ritiene che, a Milano, invece di un campo «bisogna farne dieci diversi più piccoli». Alla faccia della determinazione chiesta dai milanesi.

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