Milano, la notte di straordinaria follia Quei genitori vittime del delitto senza perché

Due famiglie distrutte che hanno reagito diversamente a una tragedia più grande di loro. Il padre e la madre dell’omicida lo hanno portato a costituirsi. L’uomo che ha perso i due figli non trattiene la sua rabbia

Milano, la notte di straordinaria follia 
Quei genitori vittime del delitto senza perché

Milano Due figli uccisi e il padre perde il lume della ragione, va sotto casa dell’assassino a urlare tutta la sua rabbia. Per ben due volte e, non riuscendo poi a trovare i genitori del ragazzo, arriva alle mani con un inquilino che cerca di calmarlo. Genitori che invece hanno scelto il silenzio, la discrezione. Defilati fino a scomparire, forse ospiti di qualche parente o amico. Due diversi modi di vivere la stessa tragedia, che in un colpo solo s’è portata via tre giovani vite: quella di Ilaria e Gianluca, morti, ma anche quella di Riccardo, l’omicida destinato a una vita di galera e rimorsi.

Travolti dal dolore dunque anche se con diversi modi di reagire.
I coniugi Bianchi, due tranquilli impiegati, vedono infatti uscire il loro ragazzo di 21 anni mercoledì sera e lo attendono inutilmente fino a notte inoltrata, nel loro appartamento al primo piano di via Pompeo Marchesi, a Milano. Lo chiamano al cellulare ma non risponde. Il giorno dopo la mamma si mette in cerca del figlio andando a bussare ad amici e conoscenti. Quasi sicuramente sarà anche andata a casa di Ilaria Palummieri, in via Gozzoli 160, suonando ripetutamente senza ottenere risposta. È un’attesa straziante.
Una tortura che ha una fine tragica, quando a notte inoltrata del giorno dopo: Riccardo torna sporco di sangue e con un taglio di coltello, non profondo, alla coscia destra. Mamma e papà Bianchi lo interrogano, il ragazzo è confuso, agitato, spaventato: racconta della morte di Ilaria e Gianluca e di come ne sia in qualche modo coinvolto.

Qualcosa di troppo grande per essere creduto. I due genitori, tra dubbi e paure però non fuggono di fronte al loro «dovere». Non proteggono infatti il figlio, non lo giustificano, non lo scusano: lo portano alla polizia. E lo strazio dell’attesa di rinnova, questa volta per avere la conferma di quello che hanno già capito ma che non vogliono accettare. A sera escono investigatori e magistrato: «Vostro figlio ha confessato, è un assassino, anzi un “mostro” perché ha ucciso con ferocia i suoi migliori amici». I due genitori si stringono l’un l’altra e tornano a casa.

Al piano rialzato di un complesso di quasi 150 appartamenti, estrema periferia ovest di Milano, dove erano venuti ad abitare a metà anni Ottanta e dove nel 1990 era nato il loro unico figlio. Fuori i giornalisti e le telecamere. Loro non rispondono, non reagiscono. A un certo punto le persiane delle finestre scendono a coprire la loro disperazione dalla quale niente e nessuno riesce a farli uscire. Se non la preoccupazione per quel figlio a cui adesso bisogna trovare un avvocato ma soprattutto non far mancare, pur senza sconti o indulgenze, la propria presenza e il proprio affetto.
A pochi chilometri di distanza, via delle Acacie, quartiere degli Olmi, un altro strazio, quando gli agenti della Mobile spiegano a un altro padre che ha perso due figli in poche ore. E in che modo: straziato dalle pugnalate il ragazzo, stuprata e soffocata la ragazza.

Ex guardia giurata, pugliese d’origine, trasferito prima a Lodi poi a Milano, dove forse cercava un po’ di quella serenità finora mancata in famiglia. I rapporti infatti non erano facili, i coniugi vivono da separati in casa, la figlia più grande, di 28 anni, se ne va appena può a vivere a Firenze. Poi l’anno scorso la situazione precipita, muore la donna e Ilaria e Gianluca non se la sentono più di vivere con quel padre a cui rimproverano l’incapacità di capire la madre prima e loro stessi dopo. Le prime ore per papà Palummieri sono quasi prive di reazione, guarda severo i cronisti che provano a fargli domande, senza però manifestare particolare animosità. Anche lui composto nell’immenso dolore. Poi qualcosa gli urla dentro che quel che gli è capitato è troppo grande per essere sopportato con tanta composta rassegnazione. Ieri mattina verso le 8.30 lo sentono gridare insulti e minacce all’ingresso di casa Bianchi. Nessuno gli risponde.

Torna così un paio di ore dopo ma ancora non trova soddisfazione.

Incrocia un inquilino che prova a calmarlo, forse in maniera troppo brusca e lui reagisce, i due si mettono le mani addosso, accenna a una testata che però solo sfiora il «nemico» sconosciuto. Poi abbandona il campo e anche lui si rifugia a casa, a piangere i suoi figli e la sua solitudine.

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