«Le metropoli come Milano non sono fatte per le biciclette», ci ha ricordato venerdì Filippo Facci e ha ragione perché ai milanesi della bici è sempre importante poco o niente, nonostante sia una città piatta come lOlanda. Perché dovrebbero modellare Milano su un qualcosa che non sta loro a cuore? Meglio spostarsi in auto, anche perché una vettura la esibisci e magari qualcuno schiatta per linvidia. Meglio rombare la sera e parcheggiare in seconda fila davanti ai luoghi della notte tanto nessuno ti multerà, quelle sono zone franche.
La bici, tapina, sarà anche politicamente corretta, che per alcuni è sinonimo di «mezzo di trasporto per utopisti», anche un po fastidiosi aggiungo io perché bisogna sempre diffidare di chi fa scelte secondo ideologia e non secondo logica, ma a chi importa se non a chi la produce e la vende? Tutto le congiura contro: a livello agonistico è come evocare il doping, a livello pubblicità non ha budget paragonabili alle case automobilistiche, a livello casse comunali non interessano perché non puoi multarle in sosta vietata, a cosa serve allora una due ruote a propulsione umana? Semplice: a girare nella giungla cittadina a costo zero.
Pensateci bene: niente benzina (e quindi niente polveri sottili), niente rumoracci (e dunque niente inquinamento acustico), parcheggi ridotti al minimo e gratuiti (e questo forse non fa piacere al Comune), libertà di movimenti (i marciapiedi con noi diventano dei marciabici) e poi quel piacere estremo, da Butch Cassidy alias Paul Newman, di portare il proprio amore in canna sussurrandole parole dolci.
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