La Milano povera ferma al semaforo

Una raccolta di immagini che evidenziano il disagio della «Milano povera», quella dei mendicanti e degli emarginati congiungendo l'arte con la solidarietà. Zone e persone lontane anni luce dall'immagine della «Milano da bere» degli yuppies anni Ottanta e dalle sfavillanti passerelle che hanno reso il capoluogo lombardo «capitale della moda» diventando, fino al 18 aprile, oggetto della mostra fotografica, a ingresso libero, intitolata «Al semaforo». Allestita negli spazi del C.A.M. - Ponte delle Gabelle (via San Marco 45) e aperta da lunedì a venerdì (dalle 9 alle 20) - l'iniziativa comprende una trentina di scatti firmati dal fotografo milanese Fabrizio Capsoni: frutto di un anno e mezzo di lavoro, la mostra racconta momenti di vita di emarginati e bisognosi, la loro presenza nel tessuto urbano e le azioni di solidarietà orientate all’aiuto e sostegno di tutta quella parte di umanità che vive ai margini nelle metropoli. Attraverso l'utilizzo del bianco e nero, Capsoni mette in risalto l'espressività dei volti e il malessere di chi sopravvive in bilico tra delinquenza e disperazione, dormendo per strada al freddo, chiedendo la carità o lavando i vetri delle macchine in fila in attesa del fatidico semaforo verde o, peggio ancora, compiendo piccoli furti e scippi. «Spesso l’unica interazione con noi cittadini avviene alla sosta del semaforo, all’entrata dei metrò e delle stazioni, per le strade... Non-luoghi che per noi sono solo simbolo di passaggio, per altri si trasformano in ripari dal freddo invernale, luoghi del sonno e del riposo in cui sognare la casa ideale o portare avanti le proprie scelte con coerenza e dignità», spiega l’autore. «Lo spettacolo a cui assistiamo impotenti oramai da tempo nasce al semaforo ma si dilaga in ogni ambito della città. Emarginazione, povertà, ma anche criminalità organizzata, approfittano dell’obbligata sosta “al semaforo” per spillare qualche centesimo: a volte cortesemente, spesso con azioni coercitive tipo il lavaggio forzato del parabrezza. Per noi uomini di città quindi il doversi fermare al semaforo rappresenta un incubo ma anche un forte disagio: “Come ci comportiamo? Cosa ci domandiamo? In quale senso di colpa ci troviamo coinvolti?”. E quanti dubbi: “Questo poveretto ha veramente bisogno o fa parte di una organizzazione?”».


La mostra ha dunque la finalità di sensibilizzare il pubblico verso gravi problematiche come la delinquenza e la povertà evidenziando l'attenzione verso questo genere di argomenti da parte di un fotografo versatile come Fabrizio Capsoni che nella sua lunga carriera ha immortalato anche numerose architetture di esterni, sontuose ville e antichi palazzi. Per informazioni, tel. 0288455322.

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