Beh, bisogna dire che il Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano non ha badato a numeri e a iniziative quando s'è trattato di festeggiarsi. A partire dall'ottobre 2008 sino ad oggi, è stato un susseguirsi di concerti, tavole rotonde, pubblicazioni di libri, per ricordare alla città che proprio duecento anni fa veniva istituita questa scuola di musica destinata a un grande futuro. La schiera di direttori d'orchestra che tutti ci invidiano è nata qui, nella bottega musicale di Milano. Per riassumerne il profilo bastano tre nomi, che citiamo per anzianità decrescente: Claudio Abbado, Riccardo Muti e Riccardo Chailly. Altra creatura milanese è Maurizio Pollini, il pianista numero uno d'Italia e fra i cinque più illustri al mondo. Per non parlare di Giacomo Puccini, mentre Giuseppe Verdi, si sa, non venne ammesso e per la pena del contrappasso ora è lui il dedicatario della scuola. Lo sviluppo di carriera è stato ben diverso, ma menzioniamo pure Elio e Giovanni Allevi fra gli allievi d'oro di Milano.
Oggi, dal tardo pomeriggio, nella sala grande del Conservatorio, si terranno le finali del concorso di composizione, con proclamazione dei vincitori (ore 18.30). A seguire, alle ore 20.30, è atteso il concerto dei vincitori del concorso di esecuzione musicale. I compositori in erba sono l'argentino Aurelio Edler Copes, dell'Hochschule der Kunst di Berna, il greco Phivos-Angelos Kollias dell'Université de Paris, e Vittorio Montalti, che gioca in casa. In giuria, fra gli altri, siede uno dei compositori di spicco d'Italia, Giacomo Manzoni. Per i nomi dei vincitori del concorso di esecuzione bisogna attendere quest'oggi. In palio, premi in denaro, tre mila euro per la medaglia d'oro, quindi due per l'argento e uno per il bronzo.
Per l'happy end dei festeggiamenti s'è puntato su due concorsi: l'uno legato alle abilità interpretative e l'altro a quelle di produzione della sostanza musicale. Concorrono studenti italiani e stranieri. Lo spirito è quello della competizione o comunque del confronto: il sale dell'arte. L'auspicio è quello di un istituto proiettato a livello internazionale. Così come avviene per qualsiasi università, anche il conservatorio dal 2001 aderisce ai progetti di scambio, di studenti e docenti, con paesi d'Europa, in più, ci spiega Paolo Rimoldi, responsabile delle relazioni internazionali del Conservatorio, l'istituto ha stipulato convenzioni particolari per cui entrano nella rosa dei ponti di scambio anche Paesi come la Svizzera e la Russia. Tutto ciò, ancora Rimoldi, è la premessa di un «processo di armonizzazione fra gli istituti d'Europa». In una parola, non solo le Università, anche i Conservatori sono chiamati a mettere il naso fuori dall'Italia, a raffrontarsi con le strutture gemelle straniere. «Il processo è lungo, ma contiamo di allineare almeno i piani di studio», affinché ogni struttura abbia la sua specificità ma allo stesso tempo sia in linea con i parametri europei. A questo punto, il numero vertiginoso di settanta e passa conservatori su un territorio poco esteso come quello italiano fa sorgere qualche riflessione. E questo, se poniamo mente ai due soli Conservatori francesi, il nazionale superiore di Parigi e corrispettivo di Lione. Idem, per la Germania. «Se ragionassi da artista che vuole diffondere la musica, dovrei dire che sono addirittura pochi i nostri Conservatori. Il problema è quello della distribuzione territoriale e dell'organizzazione. In Francia si conta lo stesso nostro numero di istituti, però cambiano i livelli, nel senso che solo due rilasciano titoli di studio di rilievo», ancora Rimoldi.
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