«Non è interessante la mia storia personale, quello che conta sono le idee, limpegno e i fatti». Al primo impatto Otto Bitjoka appare sbrigativo, di chi ha poco tempo da perdere. Ma poi, rotto il ghiaccio, limprenditore camerunese da trentanni in Italia si rivela cordiale e soprattutto appassionato alla causa a cui sta dedicando tutte le sue energie: sua è lidea degli Stati generali degli immigrati di Milano, uniniziativa importante e insieme ambiziosa che intende - con lappoggio di enti, istituzioni ed associazioni - mettere in contatto le 161 nazionalità presenti in città. La sua biografia racconta di un giovane intraprendente arrivato in Italia nel 76 per studiare, quando alla Cattolica cerano in tutto sei stranieri e in città non si vedeva neanche un africano. Dopo la laurea in Scienze economiche e bancarie e una formazione post-laurea in amministrazione aziendale alla Bocconi, ha lavorato - tra laltro - come consulente per prestigiose aziende italiane. Oggi, le sfide di questo imprenditore fiero delle sue origini bantu e con buone conoscenze nella Milano che conta, sono la neonata Fondazione Ethnoland, di cui è presidente, e gli Stati generali. Nel suo elegante ufficio ci mostra il programma che nellarco di quattro mesi dovrà dare i suoi frutti e che prevede una prima fase di ascolto delle istanze provenienti dalle comunità straniere attraverso un blog (www.statigenerali-immigrati.org) e un call center; una fase di analisi del materiale raccolto da parte di commissioni costituite ad hoc (casa, scuola, lavoro, legalità, impresa e finanza eccetera) e un convegno finale con pubblicazione dei risultati. Ma al di là dei programmi cartacei, sono le sue parole a colpire nel segno: «Milano ha bisogno di unenergia progettuale e lavorativa perché è arrivata al capolinea. Resistere all'immigrazione è come fare autogol. La rianimazione della città passa attraverso i rapporti interculturali. Serve una politica dintegrazione a livello cittadino che sappia investire e rilanciare un dialogo, bisogna aprire le porte a quellimmigrazione che ha gli strumenti per dare il suo contributo. Le aziende individuali degli immigrati sono triplicate in cinque anni. Bisogna governare il fenomeno, che vuol dire condividere le responsabilità pubbliche, è il primo passo e uno strumento vincente». Bitjoka dice basta a quellimmaginario collettivo che vede nellimmigrato leterno portatore di guai e di scompiglio. «Cè una nuova classe media di stranieri emergente, ambiziosa, che ha voglia dimpegnarsi e soprattutto che non si risparmia nel lavoro, quello stesso lavoro che gli italiani non vogliono più fare. Pensiamo alle colf, alle badanti o agli edicolanti: gestire un edicola è faticoso. Fra pochi anni saranno solo gli immigrati a tenere aperti questi esercizi. Non voler vedere che leconomia passa attraverso limmigrazione è come avere le fette di salame sugli occhi». Intanto, a mandare avanti lorganizzazione degli Stati generali sono oltre quaranta persone tra assunti e volontari.
«Il mio sogno di quando sarò vecchio - conclude Bitjoka - è di ritrovare la Milano col coeur in man, dove limmigrato non sia visto più come persona da assistere o come pericolo ma come parte attiva del governo della città. Mi piacerebbe vedere un giorno un sindaco o un magistrato immigrato. Avete presente Rudolph Giuliani a New York?».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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