Cronaca locale

Milano studierà il modello Saragozza per far più bella la «sua» esposizione

Tra le attrattive-simbolo una torre a forma di goccia, il maxi-acquario fluviale e un ponte abitato

da Saragozza
La prima impressione che si ha arrivando a Saragozza quando mancano tre settimane all’apertura dei cancelli dell’Expo 2008 è che tutto brulichi senza sosta. Scavatrici e mezzi di ogni tipo si rincorrono dalla stazione centrale fino al Meandro de Ranillas, la lingua di terra delimitata dal fiume Ebro che ospita l’Esposizione Internazionale centrata su «Acqua e lo sviluppo sostenibile». Una volta lì lo scetticismo sui lavori scema. Tutte le strutture del faraonico progetto - costato 800 milioni di euro - sono infatti state portate a termine. Per farlo l’amministrazione ha impiegato meno di 3 anni e mezzo, quasi la metà del tempo che avrà Milano. Il prossimo 5 giugno è prevista la prova generale alla quale prenderanno parte 25.000 cittadini di Saragozza. Il 14 giugno inizierà la festa.
Nell’area di 25 ettari, non troppo distante dal centro della città, sono comparsi edifici che secondo il sindaco Juan Alberto Belloch «cambieranno per sempre la foto della città». Il colpo d’occhio è buono. Oltre all’enorme «elle» disegnata dai padiglioni destinati a ospitare più di 100 paesi su circa 62.000 metri quadrati di spazio espositivo, si stagliano molti palazzi destinati a rimanere. La Torre dell’acqua, un edificio di 76 metri d’altezza a forma di goccia controlla tutta l’area. Sul fiume campeggia il Pabellón Puente, il primo ponte abitato di Spagna, progettato dal premio Pritzker Zaha Hadid, che diventerà uno degli ingressi alla Expo. Ma a impreziosire il complesso sono stati costruiti anche l’acquario fluviale più grande d’Europa, un palazzo congressi per 1.500 persone e i bei padiglioni di Aragón e Spagna, che si distinguono per la loro architettura singolare.
Per Belloch le priorità erano due: «Sfruttare al massimo le opportunità offerte dall’Expo» e «evitare che i benefici si concentrassero solo in un’area». La prima sembra averla raggiunta con successo. Oltre agli 800 milioni dell’area espositiva forniti dal governo spagnolo, si sono spesi altri 1.500 milioni di euro forniti dallo Stato (70%), dalla Regione di Aragón (15%) e dal Comune (15%). I fondi sono andati a creare due tangenziali, migliorare l'aeroporto e la stazione, gli argini dei fiumi, l’illuminazione pubblica ed altri lavori che «normalmente avrebbero richiesto 15-20 anni per essere finiti», spiega Belloch. L’investimento privato, altri 6.700 milioni di euro, è servito per costruire due centri commerciali (uno è il più grande dell’Europa occidentale), due torri del World Trade Center e un quartiere industriale dove si concentrano industrie legate al riciclaggio. Il totale è astronomico: nove miliardi di euro.
Saragozza sembra aver appreso anche dagli errori di Siviglia, che per la Expo 1992 costruì un quartiere che non riuscì mai più a riutilizzare. Un importante progetto post-expo trasformerà infatti i padiglioni di Saragozza - che per tre mesi saranno meta di circa 6 milioni e mezzo di visitatori -, in 160.000 metri quadrati di uffici. «Il 42% è già stato comprato e ci aspettiamo che entro la fine dell’Expo (prevista per il 14 settembre) questa cifra superi il 70%», assicura Antonio Silva, direttore della comunicazione dell’Expo.
Dal ministero degli Esteri italiano assicurano che il modello Saragozza verrà studiato accuratamente. Per Milano 2015 sembra infatti essere Saragozza - e non Shangai 2010 che sarà Esposizione Universale - l’esempio più vicino. Per ora sembra essere anche un modello vincente.

La prova del nove è fissata per il 14 giugno.

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