Signor Presidente, ho conosciuto, attraverso la televisione, il trattamento riservato il 25 aprile dai manifestanti di Milano al ministro Moratti, che spingeva la carrozzella a rotelle con a bordo il padre, già deportato dai nazisti in un campo di sterminio. Entrambi volevano semplicemente celebrare un evento nazionale di alto profilo morale. È stato però loro impedito con la violenza.
Io mi vergogno di aver fatto, a solo 14 anni in Toscana, la insospettabile staffetta di collegamento tra una postazione radio clandestina, sistemata nella cantina della mia abitazione, con una brigata partigiana.
Francamente, se avessi saputo a quali brutture quei nostri sogni di allora sarebbero approdati dopo 61 anni per odio politico che perpetua assurde divisioni tra gli italiani, di certo avrei ragionato come Winston Churchill quando, di fronte alla incombente minaccia sovietica nellimmediato dopoguerra, disse: «Forse abbiamo ammazzato il maiale sbagliato».
Ancora oggi paghiamo probabilmente lo scotto di una doppia Resistenza: quella che si ispirava alla violenza rivoluzionaria che dava luogo a un antifascismo che perseguiva la trasformazione violenta dellordine sociale ed è la resistenza che ha come eredi i manifestanti di Milano, e quella che praticavano quelli della mia parte, un antifascismo antitotalitario, cioè, che si batteva per la riconquista della libertà e della democrazia.
«Per combattere un male - mi diceva spesso il Suo predecessore Saragat di cui negli anni del Quirinale sono stato suo Segretario Particolare - non bisogna procurarne uno maggiore».
Oggi mi accorgo che con la nostra inerzia abbiamo consentito a forze antidemocratiche, come quelle che hanno ispirato chi a Milano ha insultato il ministro Moratti e suo padre, di avere il sopravvento compiendo atti di intolleranza che sono un grave i per le nostre libere istituzioni».
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