Non è stata un fulmine a ciel sereno la notizia di un fascicolo aperto su un gruppo di jihadisti pronti al reclutamento di «volontari» da inviare in Siria nelle milizie dello Stato islamico. La città da oltre dieci anni è un crocevia di fondamentalisti. Cellule o lupi solitari. E basta ripercorrerne le vicende giudiziarie per verificare la fondatezza di questo nuovo allarme. Operazioni e indagini condotte in città hanno sempre accompagnato i momenti di massima recrudescenza del terrorismo internazionale.
Oggi che le cronache mondiali guardano con orrore a quel che avviene in Siria e in Iraq la figura su cui si concentrano le maggiori attenzioni è quella di Haisam Sakhanh. Un filmato del «New York Times» lo ritrae fra gli artefici di una barbara esecuzione. Ma in un video caricato su youtube parla del blitz messo in atto nel febbraio 2012 con un'altra decina di attivisti che avevano cercato di entrare nell'ambasciata siriana a Roma. Per oltre dieci anni ha vissuto tra Cologno Monzese e Milano, lavorando come elettricista. E sarebbe stato anche un membro del Coordinamento dei siriani liberi di Milano.
Gli ultimi anni sono stati un incessante emergere di contiguità, piani folli, azioni disperate. Nel 2009 Mohamed Game, ingegnere elettronico libico, decise di farsi esplodere davanti alla caserma Santa Barbara di San Siro. Ma la storia della jihad in casa nostra inizia nel 2001, l'anno delle Torri gemelle, quando a Milano venne individuato il maggior numero di soggetti sospettati di essere mobilitati sul fronte del terrore.
L'11 marzo 2004, a Madrid, una bomba piazzata alla stazione di Atocha fece 191 morti e 2mila feriti. Nell'ambito di un'operazione internazionale, due arresti furono eseguiti anche a Milano. La vicenda processuale è stata lunghissima e nel 2007 si arrivò a due assoluzioni. Una recente inchiesta di Panorama svela nuovi ulteriori legami che si stabilirono allora fra alcuni personaggi attivi in città e la capitale spagnola.
Altri arresti per terrorismo nel 2008: quando due marocchini di Macherio furono accusati di pianificare attentati e praticare proselitismo legato a folli progetti. Nel 2010 sono stati assolti. Nessun dubbio invece su Abu Imad, l'ex imam della moschea di viale Jenner. La Corte di Cassazione nel 2010 ha confermato la condanna a 3 anni e 8 mesi per associazione a delinquere finalizzata al terrorismo internazionale. Con altri era accusato di aver operato per dare a Milano un supporto logistico a kamikaze destinati a farsi saltare in aria in Afghanistan e Iraq. Ha predicato per un decennio nella moschea più nota della città e nel maggio 2013 è stato espulso. D'altra parte un altro leader religioso, Anwar Shaaban, è morto in Bosnia da «mujaheddin».
Sentenza anche per un altro imam, quello di via Quaranta, Abu Omar,
condannato nel dicembre 2013 a 6 anni per aver fatto parte di una associazione che aveva lo «scopo di compiere atti di violenza con finalità di terrorismo in Italia e all'estero all'interno di un'organizzazione sovranazionale».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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