150%

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L’architetto amico di Steve Jobs era sicuro di avercela fatta. Dopo aver costruito Apple Store in giro per il mondo, a partire dal Cubo della Quinta strada di Manhattan, era pronto al lavoro in Galleria. «Steve ci teneva moltissimo all’Apple Store di Milano, chiedeva spesso se i problemi erano stati risolti... A Milano c’era una certa indifferenza» ha rivelato in un’intervista subito dopo la morte di Jobs. Concludeva: «Infine ce l’abbiamo fatta...».
Invece no. Money is money. Al posto del McDonalds di Galleria Vittorio Emanuele arriverà Prada. E non l’Apple Store che tutti si attendevano e che a New York è uno dei “monumenti” più visitati della città. Molto più che un negozio, il simbolo di un’era, di un’intera generazione e forse anche di due o tre. Ma anche se il progetto con il copyright della Mela morsicata è stato giudicato migliore dalla commissione di Palazzo Marino, il canone di locazione offerto da Prada è molto, molto più alto. Il rilancio di Apple è stato dell’1 per cento, contro un rialzo del 150 per cento di Prada. Così alla fine Prada Milano trionfa su Apple Cupertino.
Stay hungry, stay foolish diceva Steve Jobs. Affamati e folli, ma non abbastanza da mettere sul piatto oltre 5 milioni di euro di affitto l’anno per i primi cinque anni, cioè l’offerta economica di Prada, che ne pagherà quasi diecimila per i successivi tredici. In totale circa centocinquanta milioni di euro. Stupisce però che il marchio di Cupertino non abbia neppure tentato di fare un’offerta economica adeguata, rialzando di appena l’un per cento. Anzi, ieri su internet si parlava dell’apertura di un nuovo Apple Store a Roma.
Il canone annuo posto a base di gara era di 2.118.310 euro per i primi cinque anni e di 3.629.467 euro per la restante durata del contratto. Il bando di gara del Comune, lanciato dalla giunta Moratti, prevedeva che la valutazione dei progetti avesse un’incidenza del 60% sull’esito della gara, mentre l’offerta economica del 40%. La Commissione Gare ha assegnato al progetto di Gucci 46,64 punti, ad Apple 50,63 e a Prada 46,13. L’offerta economica presentata da Gucci stabiliva una percentuale di aumento del 25% sui canoni annui posti a base di gara, quella di Apple era dell’1%, quella di Prada del 150%. Il punteggio complessivo ha premiato Prada con 86,130 punti, Gucci con 53,307 e Apple con 50,897.
Il bando parlava di «attività di eccellenza nel campo dell’innovazione, della tecnologia e della comunicazione». In molti vi avevano visto l’identikit dell’Apple store e l’opportunità di ospitare nel salotto buono di Milano una delle icone della tecnologia e della vita giovane del pianeta.
La giunta Pisapia è soddisfatta. L’assessore alla Casa, Lucia Castellano, gongola perché «l’offerta economica di Prada, da sola, vale quanto tutti gli altri introiti che il Comune incassa dalla Galleria». Franco D’Alfonso, assessore al Commercio, approva l’old style: «Il progetto di Prada, oltre ad essere accompagnato da un’offerta economica consistente, si pone nel segno della continuità storica dell’azienda, presente sin dal 1913 nel salotto di Milano».


E l’innovazione tecnologica? Carlo Masseroli, ex assessore all’Urbanistica, non si arrende all’assenza del Cubo: «Faccio i complimenti a Prada, ma spero che ci sia un altro bando per l’Apple Store. Magari al posto dell’Urban center in galleria: noi lo sfruttavamo molto, adesso mi sembra un po’ in disuso...».

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