La caparbietà della Procura generale nel cercare di portare Beppe Sala a processo anche per il reato di abuso d'ufficio si scontra ieri mattina con la sentenza della Corte d'appello: niente da fare, «il fatto non sussiste». La Corte presieduta dal giudice Guido Piffer respinge il ricorso della pubblica accusa e conferma il proscioglimento con formula piena già disposto in primo grado l'anno scorso. Ora solo un improbabile ricorso del pg in Cassazione separa il sindaco dalla definitiva chiusura di questo capitolo dei suoi dispiaceri giudiziari.
L'accusa di abuso d'ufficio faceva parte del «pacchetto» d'inchiesta sul periodo in cui Sala era amministratore delegato di Expo, ed era relativa all'appalto per il verde da realizzare sul sito dell'esposizione universale, assegnato alla Mantovani senza una nuova gara. Il prezzo versato da Expo alla Mantovani fu parecchio superiore al costo che la Mantovani dovette poi effettivamente sostenere subappaltando l'opera.
La tesi difensiva degli avvocati Salvatore Scuto e Stefano Nespor, accolta ieri anche dalla Corte d'appello, è che l'affidamento della fornitura «è stato effettuato dal Commissario unico (Sala, ndr) nel pieno rispetto dei poteri di deroga a lui attribuiti». Quanto all'importo versato alla Mantovani, la memoria difensiva del sindaco afferma che «l'importo della fornitura è stato elaborato dal team dei progettisti di Metropolitana Milanese». Sala non c'entrava, insomma. A sostegno di questa tesi i legali del primo cittadino chiamano la sentenza con cui la Corte dei Conti ha escluso che Sala abbia creato un danno alle casse pubbliche: «Non sussiste nessun elemento dal quale desumere, anche in via indiziaria, la consapevolezza o la possibilità di conoscenza da parte di Sala della diseconomicità del prezzo della fornitura». E nell'ultima memoria i legali di Sala non risparmiano frecciate all'accanimento della Procura generale contro il sindaco, parlando di «progressiva erosione di credibilità» della tesi d'accusa e di una «tesi investigativa ormai insostenibile». Sala resta a processo per il falso in atto pubblico che avrebbe commesso retrodatando un verbale di nomina (prossima udienza il 30 gennaio, punteggio dei round finora favorevole all'accusa).
Ma intanto incassa il buon risultato: «Non posso dire che me lo aspettavo - dice il sindaco - perché certe cose non si sa mai come vanno, però il mio avvocato mi aveva chiarito che non c'erano elementi oggettivi di colpa per cui ero abbastanza tranquillo».
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