É costata cara a una signora milanese di 46 anni l'idea di insorgere mentre l'equipaggio di una Volante interveniva per fermare un ragazzino che prendeva a calci un autobus dell'Atm. La donna ha preso di petto la situazione, inveendo contro i poliziotti. L'hanno fermata e poiché era senza documenti l'hanno portata in questura. E lei ha reagito denunciandoli per abuso d'ufficio.
Ora la conclusione della vicenda: i poliziotti sono stati assolti. E la signora dovrà versare 3.500 euro di spese legali a uno degli agenti che, grazie alla sua denuncia, aveva subito una condanna in primo grado che rischiava di macchiarne il curriculum e, se fosse diventata definitiva, lo avrebbe lasciato per un anno a casa senza stipendio. Ma la sentenza di Cassazione ribalta la ricostruzione del tribunale: i poliziotti hanno fatto il loro mestiere, a mettersi di mezzo senza motivo e con toni inaccettabili è stata la donna.
Tutto inizia il 4 aprile 2015 quando in via Melchiorre Gioia una Volante del commissariato Garibaldi-Venezia nota un giovane che si accanisce a pedate contro un autobus di linea e lo ferma. La signora che passa di lì per caso, prende le parti del ragazzino. Sulle modalità, le versioni divergono. La donna racconta che «poiché vedevo che i toni non calavano e mi sembrava che l'agente avesse perso il controllo, mi sono sentita di attraversare la strada e avvicinarmi per chiedere che cosa stesse succedendo». Il poliziotto racconta che la donna si era messa a urlare «abuso di potere, fascisti», «vergognatevi, voi siete dei pazzi sclerati, vi sfogate con i ragazzini, questo è uno stato di polizia». Sulla conclusione però in qualche modo convergono: gli agenti fermano la donna, lei dice a uno dei due «mi sembra di avere a che fare con un pazzo», a quel punto l'agente le spiega che la denuncerà per oltraggio e la porta in questura, dove viene tenuta sei ore prima di essere rilasciata. E querela i due agenti per abuso d'ufficio.
In primo grado i giudici prendono per buone le accuse della signora, assolvono uno dei poliziotti e condannano l'altro a sei mesi di carcere. Ma in appello anche il secondo agente viene assolto: «un testimone presente ai fatti ha riferito che il tono aggressivo non era certo quello usato dal G. (il poliziotto, ndr) ma dalla C. (la donna, ndr) che dall'altro lato della strada urlava contro il poliziotto». E portando la donna in questura «l'imputato si è limitato a svolgere il proprio dovere».
Ma la signora non si arrende e, difesa da uno dei maggiori studi legali della città, ricorre in Cassazione per avere almeno
il risarcimento dei danni. Qui le va ancora peggio: difeso dagli avvocati Alessandro Mezzanotte e Massimo Del Confetto, l'agente si vede dare ragione ancora una volta. E a pagare il risarcimento è la battagliera signora.
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