E chi glielo spiegherebbe poi, ai milanesi? Il garantismo, il nobile intento di ridurre il carcere a extrema ratio, sono belle cose. Ma, se venisse approvato, il referendum numero 4 proposto dal partito di Pannella avrebbe conseguenza una pressoché automatica: resterebbero fuori da San Vittore - e, se già reclusi, ne uscirebbero istantaneamente - centinaia di detenuti accusati di reati di grave allarme sociale. Quegli stessi reati per cui l'opinione pubblica si indigna quando si viene a sapere che dopo due giorni dall'arresto il colpevole è fuori, sembrano destinati a venire ora beneficiati da una ventata «buonista». Dai bancarottieri ai corrotti ai ladri, fino agli stalker. Se gli spacciatori di droga sarebbero - come abbiamo spiegato nella puntata di ieri - miracolati da una sorta di depenalizzazione, i responsabili di molti altri reati riuscirebbero se non altro a evitare il carcere preventivo.
Il referendum numero 4 punta ad abrogare una parte dell'articolo 274 del codice di procedure penale: è l'articolo che stabilisce in quali casi può essere disposta la custodia cautelare in carcere durante le indagini preliminari. É la carcerazione preventiva, quella dei detenuti in attesa di giudizio, che non di rado vengono poi assolti. Dalle polemiche sui suoi abusi nasce la spinta del referendum. Nel concreto, però, le conseguenze si annunciano un po' estensive. A venire cancellato sarebbe il passaggio su cui si basa la stragrande maggioranza delle circa milleduecento ordinanze di custodia emesse ogni anno a Milano: quello in cui si prevede il carcere ove vi sia il rischio che l'accusato commetta «altri reati della stessa specie di quello per cui si procede». Sopravvivrebbe solo la possibilità di arresto per il pericolo di «gravi delitti con uso di armi o altri mezzi di violenza personale o diretti contro l'ordine costituzionale o delitti di criminalità organizzata».
Letto così, l'elenco dei reati per cui l'arresto continuerebbe a essere possibile sembra vasto. Ma se si sale al settimo piano del tribunale, nell'ufficio dei giudici preliminari che per mestiere emettono le ordinanze di custodia, si scopre che la realtà è un po' diversa. «Certo - spiega un giudice - resta comunque la possibilità di disporre il carcere per pericolo di fuga, che però deve essere dimostrato, o per il rischio di inquinamento delle prove, che però prevede un limite massimo di sessanta giorni. Mentre il rischio che vengano commessi nuovi reati della stessa specie è quello che è più spesso alla base delle nostre ordinanze. Se uno fa da sempre lo sfruttatore della prostituzione, è prevedibile che continui a farlo; se un manager fa sparire i soldi dei risparmiatori, è probabile che continui a farlo. Però, se passasse il referendum, resterebbero a piede libero. E lo stesso varrebbe per molti stalker, quelli che non usano, almeno all'inizio, violenze esplicite».
Certo, la eliminazione di fatto del carcere preventivo può essere presentata come una conquista di civiltà, e dal punto di vista filosofico probabilmente lo è. L'importante è che gli elettori siano consapevoli di quale sarebbe la traduzione nella realtà quotidiana, di una affermazione del principio.
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