Gli aggressori di Bettarini jr verso il giudizio immediato

I fatti sono stati chiariti e le responsabilità accertate: gli accusati non parlano e chiedono la scarcerazione

Gli aggressori di Bettarini jr verso il giudizio immediato

Muti come pesci, tutti e quattro. A diciotto giorni dall'accoltellamento di Niccolò Bettarini all'esterno della discoteca «Old Fashion», i quattro avventori del locale arrestati per tentato omicidio continuano a scegliere la strada del silenzio, rifiutandosi di rispondere alle domande del pm Elio Ramondini. È un loro diritto. E peraltro alla Procura non servono grandi dettagli da aggiungere al quadro della vicenda. Nei suoi passaggi principali, la dinamica della aggressione è già sufficientemente chiara. Tanto che Ramondini si starebbe preparando a chiedere il giudizio immediato per tutti e quattro, in modo da portarli a processo rapidamente e senza farli uscire dal carcere in libertà provvisoria. Troppo pericolosi, troppo pronti a picchiare e ad ammazzare per un nonnulla, per poterli lasciare a spasso.

Le indagini proseguono per dare un nome agli altri del «gruppo di Affori», una quindicina in tutto, che all'esterno del locale affronta Andrea Ilardo, amico di Bettarini, per proseguire un brusco faccia a faccia iniziato all'interno del locale. È da quel branco che si staccano gli aggressori di Bettarini, intervenuto a difesa di Ilardo. Quale ruolo abbia svolto ciascuno dei giovani ancora non è chiaro. Ma per i quattro già in manette le prove secondo la Procura sono già abbastanza solide da affrontare il processo.

Nei giorni scorsi i quattro arrestati hanno presentato ricorso al tribunale del Riesame per essere scarcerati. Il legale di Albano Jakej, l'albanese che per primo avrebbe riconosciuto Niccolò Bettarini e dato il via all'aggressione («Sei il figlio di Bettarini, ti ammazziamo») sostiene che il suo assistito la notte dell'1 luglio aveva una spalla fasciata, e pertanto non avrebbe potuto partecipare a un'aggressione e tanto meno a un tentato omicidio. Anche Alessandro Ferzoco, ultrà dell'Inter, sostiene di non avere mosso un dito. Ma in udienza il pm Ramondini si opporrà a qualunque concessione. Che le coltellate siano state inferte materialmente da Davide Caddeo è ormai sicuro, ma per la Procura ne devono rispondere anche i complici che hanno dato il via al pestaggio, continuato anche quando Bettarini era a terra.

Che ad impugnare e usare il coltello (che non è stato ancora ritrovato, e che secondo i medici legali aveva almeno venti centimetri di lama) fosse Caddeo lo dicono tre testimoni: uno lo indica «con assoluta certezza» come l'uomo «col naso aquilino e la pelle arrossata» che «con animo furioso impugnava un coltello a scatto con cui ha vibrato un fendente verso l'addome di Bettarini», mentre Alessandro Ferzoco (detto «Gled») è il «soggetto grasso, pelato con la barba» in prima fila nel pestaggio.

Ferzoco è anche il protagonista del

prologo, l'aggressione a Andrea Ilardo all'interno della discoteca. Ma ricostruire nei dettagli questa prima fase alla Procura interessa poco: perché nulla poteva giustificare l'esplosione di violenza avvenuta tre ore dopo.

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