Cronaca locale

Agli Arcimboldi l'eterno mito di Bacharach

A 90 anni il compositore dirigerà un'orchestra di 37 elementi, tra classici e novità

Agli Arcimboldi l'eterno mito di Bacharach

«Dopo tutto, sono rimasti sempre fedeli a se stessi. E con la loro inconfondibile autenticità hanno catturato le emozioni delle vite quotidiane di tutti noi. I momenti belli, quelli brutti e tutto quanto sta nel mezzo».

Così parlava qualche anno fa l'ex presidente Barack Obama riferendosi a Burt Bacharach e Hal David, una delle coppie creative più straordinarie partorite dal Brill Building, l'edificio sulla 49ma strada di Manhattan, New York, simbolo del grande business musicale degli Stati Uniti.

Hal David, il paroliere delle canzoni che hanno reso celebre Burt Bacharach, non c'è più, se ne è andato nel settembre del 2012. Spetta all'eterno Burt, 90 anni compiuti il 12 maggio scorso (è un classe 1928), tenere alta la bandiera della loro squadra, che dalla fine degli anni Cinquanta in avanti ha saputo creare un'infinità di hit destinati alle masse in bilico tra poesia, sentimento, un pizzico di ironia, melodia a dosi industriali e collaborazioni con grande voci come Frank Sinatra, Dionne Warwick, Barbra Streisand e Aretha Franklin.

Nei concerti che hanno preceduto l'esibizione in programma questa sera agli Arcimboldi, Burt Bacharach ha dimostrato di essere ancora sul pezzo. Certo il «grande pubblico giovanile» venuto alla ribalta con Elvis, i Beatles e i Rolling Stones è diventato un «grande pubblico adulto», ma l'intrattenimento è garantito.

Non resta che prepararsi a una parata non-stop di bellissime e popolarissime canzoni. Brani assurti a evergreen che ormai appartengono di diritto alla tradizione della musica popolare del mondo, belli che pronti per essere trasmessi alle generazioni a venire.

Tra una chiacchiera e l'altra (e qua e là canticchia pure), Bacharach, pianista e direttore di un'orchestra composta da 37 musicisti, dispenserà alcune composizioni recenti, ma soprattutto diversi meddAMATley da brividi.

Il primo dei quali, «servito» quasi all'inizio delle due ore di show - un lungo, suggestivo concentrato di hit del calibro di Don't make me over, Walk on by, This guy's in love with you, I say a little prayer, Wishin' and hopin' e Always something there to remind me -, sembra fatto apposta per dimostrare, se mei ce ne fosse il bisogno, la genialità del compositore di Kansas City dal punto di vista melodico, ma anche la complessità dei suoi arrangiamenti.

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