Una operazione voluta per intero da Beppe Sala, imboccando scorciatoie procedurali per arrivare in tempo all'inaugurazione di Expo: questa è, nelle prove raccolte dalla Procura generale, la ricostruzione dell'appalto per gli alberi dell'esposizione universale, che ora rischia di costare al sindaco - allora amministratore delegato di Expo - un processo per turbativa d'asta (oltre che all'imputazione di falso in atto pubblico per l'appalto sulla «piastra»).
Tra le testimonianze, nelle carte che la magistratura ha messo a disposizione dei difensori di Sala spicca la testimonianza di Diana Bracco, ex presidente di Expo. É lei, interrogata dal sostituto procuratore generale Felice Isnardi il 29 maggio scorso, a raccontare come nella seduta decisiva del consiglio d'amministrazione di Expo, il 28 maggio 2012, in cui si decise di fare un appalto per il verde - scorporandolo da quello per la piastra - circolasse già il nome dell'azienda che lo avrebbe vinto: «Ricordo che si è parlato della ditta Peverelli, ma non ricordo esattamente in che termini, anche se sicuramente si trattava della fornitura di piante». Si ricorda, chiede Isnardi, chi in sede di Consiglio abbia fatto il nome della ditta Peverelli? «Non lo ricordo ma si tratta di persone certamente riconducibili alla struttura in quanto escludo che potesse trattarsi di consiglieri». In realtà un appalto per il verde non si poteva fare, perché la fornitura era già compresa nell'appalto generale per la piastra: ma di questo nella riunione, secondo la Bracco, nessuno fece cenno: «Non lo sapevo e non ricordo che questo fatto sia stato specificato da qualcuno».
Fin qua, come si vede, la Bracco non fa il nome di Sala, rimandando genericamente alla «struttura» di Expo. Ma poi arriva la domanda più spinosa, quella sulla sostituzione del Rup, il responsabile del procedimento per l'appalto: Carlo Chiesa, che aveva sollevato una serie di obiezioni alle indicazioni di Sala, dando parere contrario allo stralcio del verde. Chiesa non era l'unico a non ritenere praticabile la strada imboccata dall'amministratore delegato, ci sono agli atti sms in cui un manager scrive a un altro definendola «una oscenità». Così Chiesa viene destituito e al suo posto viene messo Angelo Paris, uomo di fiducia di Sala (che un anno dopo verrà arrestato): eppure Paris mancava dei requisiti per coprire quel posto.
Chiede Isnardi: «Ricorda i motivo per cui in sede del CdA dell'1/3/2013 fu decisa la sostituzione del Rup Chiesa con l'ing. Angelo Paris? «Ricordo - risponde la Bracco - che si trattò di una proposta dell'amministratore delegato (Sala, ndr) e la motivazione è quella, riportata nel verbale, relativa alla necessità per motivi di urgenza di limitare la catena di controllo delle decisioni. Non sapevo che l'ing.Paris non avesse i requisiti previsti dal codice degli appalti per rivestire l'incarico di Rup».
E quando poi l'appalto alla Peverelli salta, e per la fornitura del verde bisogna fare intervenire la Mantovani, a fare tutto è di nuovo l'attuale sindaco: «Per quello che riguarda la quantificazione delle pretese della Mantoban, Sala ci disse che c'era stata la formalizzazione da parte dell'impresa ma tale documento non fu ancora portato in consiglio perché la questione era gestita dalla sua struttura che ci avrebbe presentato poi le conclusioni definitive da sottoporre ad esame da parte del Cda». Il documento, però, in consiglio non arrivò mai.
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