Allarme Isis, ecco la rete lombarda

Dal nazionale di cricket fino ai giovani studenti: le storie dei sospetti terroristi

Paola Fucilieri

Non viaggiano ancora sul dark web, il web selvaggio, prateria indisturbata di terroristi e criminali che proprio lì, almeno in Francia, si riforniscono di armi. Tuttavia restano pericolosi esempi «nostrani» di quanto possa essere facile indottrinarsi tramite internet, prendere contatti su Facebook a chi segue la deriva del fanatismo e agire nell'oscurità fino a quando non diventano oggetto d'indagine dei nostri 007.

Sicuramente non lo fa Aftab Farooq, 26 anni, di origine pakistana, già magazziniere al «Decathlon» di Basiano e residente con la moglie connazionale a Vaprio d'Adda, espulso dal nostro Paese il primo agosto. Una vita irreprensibile la sua vista dall'esterno. Addirittura il giovane condannava, con i colleghi di lavoro, le stragi del Califfato. E come ex capitano della nazionale under 19 di cricket aveva dato anche un'immagine di integrazione. Dalle indagini dei Ros di Milano emerge però un profilo diverso da quello descritto dai due fratelli maggiori, entrambi residenti in Italia, che parlano di lui come di una persona che amava «la vita e gli animali». Nell'ultimo anno, e in particolare da dicembre a questa parte, aveva passato molto tempo (fino a quattro ore nei giorni in cui non lavorava nel negozio di articoli sportivi) davanti al computer a guardare filmati violenti sui siti di propaganda jihadista. E mentre all'esterno dissimulava le sue convinzioni, il suo ambiente familiare ne era consapevole. Per questo Aftab picchiava la moglie, che adesso va a difenderlo in tivù. La donna, infatti, non aveva seguito la sua involuzione fanatica che lo portava a volersene andare in Siria a combattere o a minacciare di far saltare l'aeroporto di Orio al Serio. E allora lui l'accusava di volersi accoppiare con gli infedeli. E allora giù botte.

Abderrahmane Khachia, 23 anni, residente a Brunello (Varese) è cambiato con la morte del fratello maggiore Oussama nei territori dell'Islamic State lo scorso inverno. Il ragazzo, con quel fratello perso ma «macchiato» dell'accusa di terrorismo internazionale, si era sentito «tradito» dall'Italia. Studente dell'Itis, un po' rapper, un ragazzo qualunque, nessun segno di radicalismo nei suoi abiti o in quelli della sua famiglia, quando il fratello è stato ucciso sui campi di battaglia siriani, Abderrahmane si è radicalizzato. E' accaduto tutto negli ultimi mesi. Comincia a dichiararsi «razzista» sulla sua pagina Facebook e prende contatti con un amico di Lecco, il pugile Moutahrrik Abderraim, già amico del fratello, dichiarando la sua disponibilità a seguire le orme di Oussama e recarsi in Siria. Il 23enne viene arrestato nell'aprile di quest'anno dalla Digos di Milano durante l'operazione «Terre Vaste» e poi espulso, un mese dopo, insieme alla madre e al padre - i coniugi marocchini Khachia Brahim e Loumiy Zhour, rispettivamente 59 e 50 anni - che condividevano l'ideologia estremista dei due figli: in particolare il padre che, com'è emerso dalle indagini, aveva svolto un ruolo cruciale nel trasferimento di Oussama in Siria.

Non si sa più nulla invece di Anas el-Abboubi che, nato nel 1992 in Marocco, si era trasferito giovanissimo (aveva 7 anni) nel Bresciano con la famiglia, studia da perito elettricista e nel tempo libero fa il rapper, adora la musica hip hop. Passa però anche molto tempo in rete. E tutti i giorni e tutti i giorni consulta i profili di Sharia4Belgium, network belga. Vuole formare Sharia4Italy, un network parallelo a Sharia4Uk gestito dall'imam radicale Anjem Choudary, arrestato di recente a Londra per proselitismo. L'obiettivo di Anas è partire per la Siria con l'obiettivo di arruolarsi nelle file di Al Qaeda e su Facebook, dichiara di voler morire per Allah. Non riuscendo a partire inizia a fare dei sopralluoghi con Google Maps per cercare obiettivi sensibili come la caserma di Brescia.

Viene arrestato con l'accusa di abbinare addestramento ad attività con finalità di terrorismo anche internazionale. Ma dopo 15 giorni, nel luglio 2013, il Tribunale del riesame decide la sua scarcerazione. A questo punto Anas esce, entra in contatto con un network di albanesi che lo porta in Siria, probabilmente ad Aleppo.

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