«Un amico matto e geniale». «Era l'anima della città»

«Un amico matto e geniale». «Era l'anima della città»

«Che voglia di piangere ho». Aveva previsto anche questo Enzo Jannacci, che la sua Milano avrebbe piovuto le sue lacrime per salutare quel suo figlio geniale e scapestrato. La verità è che raramente si era vista tanta concordia di dichiarazioni, un dolore così trasversale. Niente destra e sinistra, perché a commuoversi per una volta è la politica tutta intera. E poi i colleghi che lo conoscevano e quelli che pur non avendolo conosciuto a lui si sono ispirati, uomini e donne, giovani e vecchi, personaggi illustri e gente comune. Di strada, quella che a Jannacci piaceva di più. Sotto casa in viale Romagna, nell'angolo del portone tre rose rosse messe da chissà chi: «...nelle orecchie, nella gola e nel cuore... Ciao Maestro!».
Tra i primi a ricordalo l'ex sindaco Carlo Tognoli che oltre all'amore per la città racconta di aver avuto in comune con lui il barbiere. «Era un pezzo di Milano e anche della mia vita. La prima volta ero andato a vederlo da giovanotto al Teatro Gerolamo allo spettacolo Milanin Milanon». Il neo governatore Roberto Maroni, milanista come lui, lo saluta «cuore e musica di Milano. Riposa in pas, cunt i tòo scarp del tenis». Per Roberto Vecchioni «i geni vanno in un posto tutto loro di musica e luce: ascolteremo ancora Enzo dal suo cielo senza nebbie». Un ricordo particolare quello di Ornella Vanoni che di Jannacci ha cantato tante canzoni. «Caro amico, matto e geniale, quante giornate felici, quante risate, che tempi belli abbiamo vissuto insieme. Te ne sei andato e con te se ne è andata anche una parte della mia vita». Per Stefano Boeri «Jannacci ha rappresentato l'anima di Milano come nessun altro: aveva un suo modo di comporre musica, unendo cultura, letteratura e poesia. Ha portato questo straordinario mix nel mondo». Il suo ultimo ricordo è quello della recente mostra di Dario Fo a Palazzo Reale, «quando arrivò all'improvviso e si mise a cantare, un momento fantastico in cui creò energia dal nulla». Per il nuovo assessore alla Cultura Filippo Del Corno «con lui scompare uno dei più importanti testimoni della grande trasformazione di Milano nel secondo Novecento. La sua libertà di pensiero generava la potenza ironica del suo lavoro artistico. Il legame profondo tra Milano e Jannacci si esprimeva soprattutto nella sua invenzione linguistica che sottraeva il dialetto a una pura dimensione localistica per trasformarlo in un laboratorio creativo di immagini e narrazione».
Nello stesso palazzo abitava il cantante e compositore Dario Baldan Bembo. «Era riservato - racconta -, si faceva vedere poco, non speculava sul suo personaggio.

Non si faceva grande di essere il grande Enzo. Un vicino di casa normale, come la gente comune. Viveva con la moglie Pupa e con il Paolo, il figlio che però da qualche anno si è sposato e si è trasferito. Fra noi c'era grande stima e rispetto. Ci mancherà».

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