Cronaca locale

Ammazzò la moglie e fuggì in Tunisia, in manette dopo quattro anni e mezzo

Condannato a 30 anni nel 2017. Da Salvini l'impulso all'arresto

Ammazzò la moglie e fuggì in Tunisia, in manette dopo quattro anni e mezzo

Era latitante da un pezzo visto che era fuggito in Tunisia, suo Paese d'origine, quasi 4 anni e mezzo fa. Lo stesso giorno che, al culmine dell'ennesima scenata di gelosia, aveva ammazzato la moglie italiana, la 30enne Daniela Bani, con una ventina di coltellate nella loro abitazione a Palazzolo sull'Oglio, nel Bresciano. Condannato il 30 giugno 2017 dal tribunale di Brescia a 30 anni di carcere, il 44enne Chaanbi Mootaz è stato arrestato l'altro ieri in Patria. Alla suocera Giuseppina Ghilardi, a cui l'uomo aveva telefonato solo una volta giunto in Tunisia per dirle cos'era successo, quel 22 settembre 2014, giorno della tragedia, non era rimasto che salire con il cuore in gola le scale del palazzone dove abitava la figlia per rinvenire il suo cadavere a terra, in camera da letto, in mezzo al sangue. E scoprire che nella stanza accanto, durante il massacro, c'era il figlio maggiore della coppia che stava giocando con la play station. Il padre aveva alzato il volume della tv e chiuso a chiave la porta, invitando il bimbo a non preoccuparsi, prima di appartarsi con Daniela e strappargli via la mamma per sempre. Il piccolo, nel maggio scorso, in un tema a scuola aveva espresso tutto il proprio dolore e senso di colpa per non aver salvato la madre.

Da allora Giuseppina e il marito - che si sono presi cura dei nipotini che ora hanno 11 e 8 anni - si sono battuti con tenacia perché venisse fatta giustizia per quella loro bellissima «bambina» dagli occhi verdi, la pelle diafana e il sorriso dolcissimo, rapita troppo presto alla vita da un uomo semplicemente troppo geloso, peraltro senza averne alcun motivo: Daniela a detta di tutti è stata un'ottima mamma e una moglie fedele, che teneva alla propria famiglia sopra ogni cosa. Il marito, al contrario, ancora prima di macchiarsi dell'omicidio della madre dei suoi figli, era stato in carcere più volte e ha precedenti per spaccio.

La signora Giuseppina e il padre di Daniela volevano il genero in Italia per fargli scontare la pena. Di lui non si erano più avute notizie certe, anche se conoscenti e avvocati erano convinti di sapere dove si trovasse e lui saltuariamente scriveva su Facebook per chiedere notizie dei figli. L'8 gennaio la madre di Daniela ha quindi lanciato un appello al ministro dell'Interno Matteo Salvini perché intervenisse per assicurare alla giustizia l'assassino di sua figlia: «Chiedo solo la certezza della pena: quell'uomo deve andare in carcere e scontarla» gli aveva scritto Giuseppina Ghilardi. E ad appena 24 ore di distanza, il ministro Salvini le aveva risposto, dalle pagine dell'edizione bresciana del Corriere, dicendole che aveva preso contatti con l'ambasciatore a Tunisi e che avrebbe fatto l'impossibile per far arrestare l'uomo.

«L'operazione di polizia non restituisce Daniela, ma ci fa sperare che sia fatta finalmente giustizia - ha commentato il ministro dopo l'arresto -.

Ringrazio i nostri investigatori e le autorità di Tunisi, mando un abbraccio a Giuseppina e ai due nipoti».

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