Coperture da parte dei vertici del tribunale di Milano agli appalti truccati per i lavori nel Palazzo di giustizia: questo è lo scenario che si legge nelle contestazioni inviate venerdì scorso dall'Anac, l'authority anticorruzione. Dopo che gli articoli del Giornale e del blog Giustiziami avevano sbattuto contro un muro di gomma, ora l'intervento dell'Anac smuove finalmente le acque. E ieri a chiedere che si faccia chiarezza interviene il presidente della Regione Lombardia, Roberto Maroni, con un messaggio sul suo profilo Facebook.
Maroni pubblica sulla sua pagina l'articolo ieri uscito sul Giornale, in cui si rivela l'esistenza di mail che dimostrano la connivenza nell'operazione di tutti i protagonisti del «Gruppo di lavoro per la infrastrutturazione informatica degli uffici giudiziari»: cioè il Comune, la Dgsia (la direzione appalti informatici del ministero della Giustizia) e i capi di tutti gli uffici giudiziari milanesi. «Fare piena luce, senza coperture, vogliamo sapere», scrive Maroni.
La linea difensiva dei vertici della giustizia milanese è, finora, quella contenuta nel comunicato che Roberto Bichi, presidente del tribunale, dirama - con la ratifica di tutti i presidente delle sezioni civili e penali - il 14 giugno scorso, dopo le prime notizie di stampa sulla iniziativa dell'Anac. Nel comunicato, i giudici milanesi scaricavano sul Comune e su Dgsia la responsabilità degli appalti per le spese - finanziate con fondi Expo - all'interno del tribunale.
Ma ora le mail sequestrate dall'Anac dimostrerebbero che tutti i partecipanti al «Gruppo di lavoro» condivisero la scelta di non fare le gare d'appalto prima ancora di decidere come spendere i soldi, delegando alla Dgsia la ricerca di scuse per evitare le gare.LF
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