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Arrestato l’amico del cileno ucciso dal vigile urbano

Arrestato l’amico del cileno ucciso dal vigile urbano

Al magistrato e ai giornalisti aveva detto che per mantenere moglie e figlio faceva lavoretti in nero mentre a un investigatore, informalmente, aveva invece candidamente ammesso di essere un ladro. E l’altro giorno Huerta Rios, l’amico del cileno ucciso dal ghisa il 13 febbraio, è stato beccato a Orio al Serio mentre rubava su un’auto.
Thomas Alvaro Huerta Rios, 25 anni, il mese scorso era a bordo della Seat Cordoba condotta dal Marcelo Valentino Gomez Cortes, 28 anni. A Crescenzago i due incrociarono una pattuglia della polizia locale, tentarono di scappare ma vennero inseguiti e bloccati. Scesi dalla vettura, ripresero la fuga a piedi, con gli agenti dietro sino a quando uno di loro, Alessandro Amigoni, 36 anni, esplose un colpo. Il ragazzo cadde, venne ammanettato e rimesso in piedi. Camminò con i ghisa fino alla macchina per poi crollare privo di sensi. Solo a quel punto gli agenti si accorsero del sangue e della ferita e chiamarono il 118. Inutilmente, il sudamericano morirà poco dopo. Più tardi si accertò che si trattava di un clandestino con numerosi precedenti, che aveva due figli piccoli e giusto un anno fa si era separato dalla moglie. «Ho visto una pistola in mano a uno di fuggitivi e ho sparato per spaventarli. Direi da circa 15 metri, mirando a terra» si giustificò Amigoni davanti al pm. Una ricostruzione smentita dalle perizie, il colpo fu esploso da meno di 3 metri, e dai testimoni: nessuno vide l’arma in mano ai fuggitivi.
E nel bel mezzo dell’inchiesta si fece vivo l’amico di Marcelo che, dopo aver fatto perdere le proprie tracce, bussò alla porta del magistrato. «Ho letto troppe bugie sui giornali per poter tacere quindi ho deciso di presentarmi e raccontare la verità» spiegò poi uscendo dal colloquio con il pm Roberto Pellicano. E cioè che quel giorno stavano andando a giocare a calcio, hanno visto la polizia, hanno preso paura perché clandestini e già espulsi una volta dall’Italia e hanno tentato la fuga. «Ma non abbiamo mai avuto armi, siamo scappati solo per paura del controllo. Sono distrutto più che arrabbiato, perché il mio amico era una brava persona, un bravo padre coi suoi figli. Loro un giorno, da grandi, lo sapranno. Sono tornato per avere giustizia - concluse poi sconsolato tra le lacrime -. Chi ha ammazzato Marcelo in quel modo è giusto che paghi».
Fatto il suo dovere di buon cittadino e leale amico, Thomas Alvaro venne prelevato dalla polizia, portato in questura, arrestato per non aver obbedito all’ordine di espulsione del questore ma subito rilasciato in quanto il pm gli concesse un permesso di soggiorno per «mortivi di giustizia». E nel frattempo ha ricominciato a rubare. Se infatti davanti ai giornalisti aveva detto di fare lavori in nero per mantenere moglie e figli, agli investigatori aveva ammesso di fare il ladro. E così l’altro il cileno è stato sorpreso mentre, con un altro connazionale di 26 anni, stava saccheggiando le auto parcheggiate fuori dal centro commerciale di Orio al Serio. I due erano riusciti a prendere una borsa da una vettura e stavano forzando una seconda macchina ma sono stati visti e bloccati dalla vigilanza e poi consegnandoli ai carabinieri.

Ieri mattina sono comparsi per la direttissima davanti al magistrato che ha rinviato il processo. Ma prima ha convalidato l’arresto per Thomas Alvaro Huerta Rios, ordinando anche rimanga in carcere visti i suoi numerosi precedenti. Mentre per il suo complice ha disposto il divieto di dimora in provincia di Bergamo.

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