Cronaca locale

Asnago e Vender, autori dei palazzi del boom economico

L'amore per l'architettura e per Milano è costituito e testimoniato dall'«umiltà costruttiva» di due grandi maestri del Novecento, Mario Asnago e Claudio Vender, benché i loro edifici fossero spettacolari, di grandi dimensioni. L'ultimo si trova tra viale Maino e via Rossini, ora sede della Pompower Group.

Un edificio moderno in una zona alberata grazie al suo boulevard ricco di alberi e giardini, proprio come lo furono gli edifici di via Velasca (1947), via Tunisia, via Lanzone, piazza Sant'Ambrogio, via Turati, pensati con gli stessi valori estetici e sociali, in sostanza ideati per uso abitativo e uso commerciale (uffici), proprio come fu altro grattacielo di Milano progettato da Luigi Mattioni nel 1950, quello di Rimini in San Babila e il Pirellone di Giò Ponti, sempre di quegli anni.

Un palinsesto moderno dalla struttura solida e possente sorto sulle ceneri di altro edificio del 1962 che portava la loro firma che ora svetta con tutta la sua corpulenza in pieno rispetto dell'esistente e dell'ambiente.

L'edificio è stato pensato per nuove esigenze non abitative ma di rappresentanza: otto piani, una torre centrale più alta degli altri due corpi, terrazzi e patii.

L'ambiente interno è luminoso e minimalista, grazie alle grandi vetrate con infissi simili a quelli di un tempo, disegnati con sapiente gioco di rimandi al passato e alla tradizione (statue, colonne e marmi), si ha la sensazione di entrare in una galleria d‘arte, forse anche a grandi gigantesche fotografie su parete e su vetro che abbelliscono l'ambiente e fanno da contorno agli arredi che ne portano la medesima firma.

Dalla terrazza centrale si gode il Duomo di Milano, un piacere immutato anche certamente tra dieci o più anni. Milano è costellata da edifici che portano questo nome sempre razionali e spettacolari, quasi mai di piccole dimensioni sempre pensati all'insegna del sodalizio tra uso abitativo e commerciale. La stessa Torre Velasca dello Studio Bbpr (Banfi, Peressutti, Belgioioso e Rogers) ne è l'emblema di «una città che sale», come la descrisse Boccioni in alcune sue tele e che lavora, ma allo stesso tempo ama vivere in essa, infatti la Torre Velasca è vissuta nei piani alti quelli che sporgono a fungo da famiglie e sotto negli altri piani ci stanno le famiglie. A differenza degli altri edifici dello studio Asnago e Vender, quest'ultimo non è chiaro, come spesso avveniva negli altri con l'uso sapiente di marmi e pietre o intonaci e vetri. Qui il rivestimento è color sabbia e le ringhiere dei balconcini ci ricordano la vecchia Milano. La maggior parte di questi edifici sorge nel centro storico, che si prestava alla ricostruzione e al boom economico e per questo le aree si prestavano a progetti di grandi dimensione.

Milano è anche l'architettura di questi due grandi maestri di chiara fama che con Muzio, Poltaluppi, Albini, Figini, Pollini e Gardella (hanno seguito Gregotti Caccia Domignoni) hanno saputo far sì che le loro opere appartenessero alla «città-civiltà», l'espressione di una scuola di professionisti cresciti con una cultura che guardava al maestro dell'architettura moderna, Le Courbusier, una matrice nell'arte dell'edificare.

Va riconosciuto il contributo della scuola milanese al Movimento Moderno.

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