Cronaca locale

"Assumere giovani e specializzandi nelle case di comunità"

L’ex primario della Mangiagalli: "Potenziare la medicina del territorio con le nuove leve"

"Assumere giovani e specializzandi nelle case di comunità"

Alessandra Kustermann, primario di Ginecologia al Policlinico e direttore del Pronto Soccorso Ostetrico.

Ginecologica, del Soccorso violenza sessuale e domestica come è stato il suo ultimo giorno di lavoro dopo 43 anni?


«È stato molto commuovente, c'erano tutti i miei compagni di lavoro, mi hanno applaudito con una standing ovation».


Cosa farà adesso?


«Abbiamo partecipato al bando per un progetto di una casa di accoglienza per donne vittime di violenza e i figli in una cascina in città. Offriremo loro oltre a un rifugio, un corso di italiano, supporto psicologico, consulenza per l'orientamento al lavoro e corsi di formazione. Le donne potranno lavorare nella cascina per un periodo. Credo che il lavoro sia il primo strumento per restituire autostima: l'aspetto peggiore della violenza domestica, infatti, non sono tanto le botte quanto la violenza psicologica, la distruzione dell'immagine di sè, le continue umiliazioni davanti ai figli. Quando saranno autonome, cercheremo per loro un alloggio in housing sociale e un lavoro esterno».


Aiutare le donne è diventata la sua missione di vita.


«La mia missione era rendere la vita delle donne più lieve. Quando nel 1996 creai il SVSeD si parlava molto poco di questo tema. Mi animava la consapevolezza di dover portare all'attenzione dell'opinione pubblica la necessità di un cambiamento culturale nell'uomo che considera la donna una sua proprietà».


Il fenomeno è in aumento?


«No, la violenza domestica è sempre esistita, ora però le donne sono diventate più forti e capaci di dire basta».


Aumentano le denunce?


«Sì, sono passate dal 5 al 10 per cento (dati Istat 2004 e 2014) grazie anche al fatto che è passata l'idea che il maltrattamento è reato. Così si è rafforzata la capacità delle donne di pensare che una via di uscita è possibile, se ci sono le condizioni economiche. Uno dei primi atti della violenza psicologica è relegare la donna in casa quando nascono i figli, farle lasciare il lavoro, facendole perdere l'indipendenza economica».


Cosa si rimprovera?


«Mi sarebbe sicuramente piaciuto passare il testimone a una donna (il primario del Reparto è Edoardo Somigliana). L'altra è non aver dedicato sufficiente tempo ai miei figli».


Si era candidata a presidente della Lombardia, se fosse assessore alla Sanità oggi cosa farebbe?


«Mi darei immediatamente un obiettivo: ricreare una medicina territoriale che funzioni. Punterei meno sullo sviluppo della rete ospedaliera, che è valida, e assumerei giovani nelle Case di comunità. I medici di base svolgono un lavoro impegnativo e sono pochi: assumere giovani medici e specializzandi permetterebbe loro di crescere professionalmente, mantenendo un legame con l'ospedale di riferimento. I giovani hanno entusiasmo e una maggiore resistenza alla fatica».


Come si risolve la carenza dei medici di base?


«Non credo che si possa pensare di spezzettare la loro attività lavorativa, imponendo ore di ambulatorio nelle case di comunità. Si può aumentare l'orario di apertura degli studi medici, ma il problema non è tanto il centro quanto le periferie. Le Case devono essere in periferia, si possono ricavare in spazi già esistenti abbandonati o al pian terreno dei caseggiati Aler. Ce ne sono tantissimi vuoti, non conta lo spazio, quanto che siano presenti delle funzioni. È vitale, infatti, che un anziano o un cronico possa essere preso in carico dove vive. Ci sono quartieri Aler che contano 6mila abitanti: lì vanno create le Case e pazienza se non hanno tutte le funzioni, credo sia più importante la localizzazione»


Altro ambito di azione?


«Avrei puntato molto di più sul pubblicizzare la bellezza del mestiere dell'infermiere: in Lombardia si sconta una carenza di infermieri estremamente elevata.

Possiamo riuscire a ripianarla per brevi periodi con trasferimenti dal Sud, ma non funziona a lungo. Si potrebbero premiare in qualche modo gli infermieri che decidono di restare al Nord attraverso agevolazioni per gli affitti».

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