Baby-prostitute vendute con diritto di superficie

Erano vere e proprie faide. Scomposte, sanguinarie, «condite» da torture inenarrabili, con ragazzine tredicenni legate a un materasso per giorni e sul cui corpo venivano spenti mozziconi di sigarette. Fino a quindici anni fa, infatti, chiunque volesse gestire il «mercato» della prostituzione a Milano era costretto a vedersela con gli albanesi che, in quanto a spietatezza, non erano secondi a nessuno. Dal 2007, invece, i rom legati ad alcuni campi cittadini - perlopiù nell'insediamento di Muggiano a ridosso della tangenziale - sono i veri «padroni» delle giovanissime prostitute sparse a sud di Milano, tra viale Tibaldi, a viale Ortles, fino a via Ripamonti e al confine con il comune di Opera. Messo fuori gioco il nemico storico Zef Bagaj, erano i due fratelli Calin, Laurentiu 25anni (il vero braccio armato dell'organizzazione, detto gaman, il pazzo ) e Ionut 29 anni (il capo militare) che al momento gestivano, ricavandone lauti guadagni, lo sfruttamento della prostituzione, distribuendo zone e ruoli, porzioni di marciapiede e lucciole che, in caso di vendita all'una o all'altra banda, venivano «quotate» insieme allo spazio che occupavano, che costava da 500 a 700 euro a settimana.

A sgominare questo sodalizio criminale dopo oltre tre anni di indagini sono stati gli investigatori del commissariato «Scalo Romana» diretti dal vicequestore aggiunto Angelo De Simone che, non a caso, ha intitolato l'operazione che ha portato in galera, grazie al pm Enrico Pavone e al gip Stefania Pepe, 19 rom, «Judicata». «I rom erano tutti parenti tra loro o, comunque, si conoscevano, avevano legami di vario genere - ha spiegato ieri mattina De Simone -. Se nella gestione della compravendita delle prostitute nascevano dissidi o contrasti ad esempio sull'assegnazione dei posti da destinare alle ragazze esisteva una sorta di diritto civile amministrato da un tribunale interno, la Judicata appunto, composto da rom più anziani che derimeva le varie questioni imponendo ai nomadi di risolvere l'onta subita magari facendo una cortesia, come ad esempio andare in Romania a curare alcuni affari per conto della persona offesa oppure pagando somme di denaro, non spiccioli ma comunque cifre simboliche volte a riparare il torto fatto e a ristabilire l'equilibrio tra i vari gruppi».

Quando la «Judicata» non riusciva a risolvere i contrasti, scattava la violenza, specialmente rivolta a gruppi rivali, com'era accaduto per Zef Bagaj.Le ragazze erano belle e giovani, cedute a cifre variabili dai 3 ai 7000 euro. Giovani costrette a lavorare sul marciapiede anche in condizioni fisiche al limite della sopravvivenza, dopo aver subito un aborto ad esempio.Le indagini sono partite nel 2011 in seguito a 4 lettere anonime recapitate al commissariato Scalo Romana.

Lungi dall'essere semplici denunce, le missive erano molto circostanziate, ricche di nomi, luoghi, date e numeri di telefono e descrivevano l'organizzazione nei dettagli. Gli investigatori tuttora non sanno chi ne sia l'autore, forse un cliente innamoratosi di una prostituta e deciso a strapparla agli aguzzini, ma anche un religioso o un'organizzazione di volontari.

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