Barricate contro una legge che esiste in tutte le Regioni

Con la riforma è il presidente che fissa la data del voto. Quello che accade già ora, praticamente in tutta Italia

Barricate contro una legge che esiste in tutte le Regioni

Ostruzionismo contro una riforma elettorale che è realtà in tutta Italia. La sinistra ieri è salita sulle barricate - metaforicamente parlando - per bloccare l'approvazione di un provvedimento che è vigente praticamente in tutte le Regioni.

La nuova legge, che dovrebbe essere varata al Pirellone, assegna al presidente della Regione il potere di fissare la data del voto indicendo le elezioni, salvo la prevalente facoltà del governo di mutarla per esigenze di carattere nazionale (vedi l'accorpamento con altre tornate elettorali).

Questo potere spetta già a tutti i governatori, salvo quelli del Piemonte e dell'Umbra. Lo ha spiegato pochi giorni fa anche il presidente del Consiglio, Alessandro Fermi: «Con questo provvedimento - ha detto - anche la Lombardia intende allinearsi a quanto già stabilito da quasi tutte le altre regioni italiane». Fermi ha sottolineato anche che l'atto «viene posto all'approvazione dell'Aula nei termini dovuti e nel rispetto della legislazione nazionale». E c'è da dire che il presidente Fontana ha mostrato ben poca smania di avere in mano questo compito, anche perché pare convinzione piuttosto diffusa che comunque sarà il governo a decidere la data.

Nonostante tutto ciò, l'opposizione in Consiglio regionale ha scelto di opporsi in tutti i modi, bloccando l'approvazione del provvedimento, con circa 600 tra ordini del giorno ed emendamenti depositati, e interventi fiume.

È stato il radicale Michele Usuelli, consigliere di «Più Europa», a giocarsi il «jolly» dell'ostruzionismo, che consente di evitare qualsiasi forma di contingentamento dei tempi di discussione, e qualsiasi limitazione sul numero di ordini del giorno presentabili. Memore della prestigiosa tradizione parlamentare del Partito radicale, che nella Prima repubblica portò in Italia il «filibustering» delle democrazie occidentali, Usuelli ha deciso che questa era la battaglia delle legislatura, e ha caricato di enfasi il tema in discussione, attribuendo al presidente la tentazione di giocare a suo vantaggio la scelta della data. «La scelta della maggioranza di attribuire al presidente della Giunta la facoltà di indire le elezioni non presenta profili di incostituzionalità e non avrebbe nulla di scandaloso - ha ammesso - se non fosse per i tempi con i quali tale proposta è stata fatta».

Insomma, per Usuelli è troppo tardi e ora sembra che la legge faccia «il comodo» di Fontana. In questa «lettura», il consigliere di «Più Europa» è stato spalleggiato dagli eletti del Movimento 5 Stelle e anche del Pd. Per il capogruppo Pd Fabio Pizzul, la maggioranza «forza i tempi su una modifica che rischia di essere un vantaggio per il presidente in carica e non rispetta né gli elettori né le istituzioni». «Una modifica in sé banale - ammette - che introduce una cosa che avviene nella maggior parte delle altre Regioni ma fatta quando la competizione elettorale è già iniziata è inopportuna» ha sottolineato Pizzul.

Alla fine, per una sorta di accordo tacito, l'approvazione è stata rinviata (a lunedì) senza seduta notturna. La questione data, tuttavia, è molto più semplice.

Viste le dimissioni del governatore uscente, il Lazio deve votare entro tre mesi, e quindi l'ultima data utile a Roma sarebbe il 12 febbraio, mentre per legge la prima data utile per la Lombardia sarebbe il 12 febbraio. Molto probabile dunque che il governo voglia fissare un «election day» in uno dei primi fine settimana di febbraio.

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