É un'insurrezione bipartisan, per una volta tutti uniti, dal Pdl a Sel e Pd. Obiettivo è difendere la Fnac di via Torino che dopo 12 anni rischia di chiudere i battenti. Il megastore dove quasi a ogni milanese sarà entrato almeno una volta per cercare un dvd, un libro, un cd o solo assistere a mostre ed eventi culturali. L'allarme tra i dipendenti nasce lo scorso il 13 gennaio. Il colosso francese Ppr, presieduto da François-Henri Pinault, da anni ribadisce in modo sempre più esplicito la volontà di spostare gli interessi del gruppo sui marchi di lusso, a partire da Gucci a Bottega Veneta. Ma quel giorno la sede centrale italiana della Fnac annuncia l'avvio di un drastico piano di ristrutturazione, senza escludere la chiusura degli otto punti vendita italiani se entro il 31 dicembre non si farà avanti un compratore. Da allora, silenzio tombale. Otto mesi di voci, arriva anche quella che al palazzo tra via Torino e via della Palla sarebbe interessata la Apple. L'azienda tace anche con i sindacati che a ripetizione chiedono informazioni sul destino dei lavoratori, sempre più allarmati a tre mesi dalla scadenza dell'ultimatum. Sono 80 solo nel negozio milanese, ma tra impiegati, quadri e addetti sparsi tra le sedi di Napoli, Torino (che ha due punti vendita), Genova, Firenze, Verona e Roma si arriva a quota 600. Per abbattere il muro del silenzio, hanno organizzato un flash-mob venerdì durante la Vogue Fashion's night. Davanti (non a caso) alla boutique Gucci di via Montenapoleone hanno srotolato uno striscione con lo slogan «Fnac Fashion Nightmare, il lavoro per noi è un lusso» e hanno distribuito volantini per spiegare le ragioni della mobilitazione. «A 8 mesi da quell'annuncio - protestano i dipendenti di Fnac Italia -, non abbiamo ricevuto informazioni sulla nostra sorte, 8 mesi passati nell'incertezza mentre si avvicina la scadenza e la prospettiva di chiusura si fa sempre più reale». Fotografia che ha fatto il giro del web, alla mobilitazione su Facebook i hanno aderito politici di ogni schieramento.
Fnac a Milano «non deve chiudere, è diventato nel tempo un presidio di cultura e scambio - sostiene l'assessore alla Cultura del Comune, Stefano Boeri -. Uno spazio vitale dove, insieme e oltre all'acquisto, ci si informa, si discute, si incontrano amici. Farò presente alla proprietà la nostra attenzione per l'utilità sociale dello store in via Torino, vorrei che fosse tra i protagonisti dei 3 giorni dedicati al libro che sto organizzando con gli editori milanesi per fine novembre». L'assessore al Lavoro Cristina Tajani afferma è «disponibili su richiesta dei sindacati ad aprire un tavolo con le sigle e l'azienda per cercare insieme soluzioni e salvaguardare i posti di lavoro».
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