La battaglia Le sorti dei dipendenti

«Più ci avviciniamo all'ora X e più sorridiamo. Meno numerosi siamo in reparto per via del blocco del turnover, e più siamo gentili coi clienti. Avete presente Gandhi?». Prova a scherzare e a prenderla con filosofia Lorenzo Masili, uno dei lavoratori Fnac tra i più attivi nel diffondere su internet la protesta. Il megastore di via Torino ha aperto i battenti il 27 ottobre del 2000 e lui da allora, dodici anni esatti, ha girato vari reparti e oggi dirige quello dei dvd. Ha a cuore (ovviamente) il proprio destino, dell'ottantina di colleghi milanesi e dei circa 600 sparsi in tutta Italia. Ma parla del megastore come di un'istituzione, «vi ricordate cos'era via Torino prima? É rialzato il tenore della strada, ha fatto aumentare il passaggio dei milanesi e con il tempo è diventato un punto di ritrovo di cui non potremmo fare a meno. Parlo da dipendente ma anche da cittadino, appassionato di cultura e la musica».
Dall'annuncio del rischio chiusura entro la fine del 2012, lanciato con un comunicato dall'azienda lo scorso 13 gennaio, ad oggi i lavoratori hanno chiesto a ripetizione di conoscere il loro destino ma non hanno mai avuto risposte. «Potevamo organizzare uno sciopero, una protesta urlata, ma abbiamo preferito sollevare la nostra protesta con educazione - sottolinea -.

Al flash mob che abbiamo organizzato durante la Vogue'fashion night hanno partecipato dai dirigenti ai dipendenti di livello più basso, tutti uniti, e abbiamo ricevuto una grande sostegno che va al di là degli schieramenti politici, lo abbiamo apprezzato molto». Ma «stiamo vivendo questa situazione con apprensione, siamo preoccupati, finchè non riceveremo delle risposte andremo avanti. E per fortuna grazie a internet e Facebook la nostra causa gira in modo velocissimo».

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