Cronaca locale

Benezzoli: «Abbiamo ritrovato la magia dei pionieri»

«Questo sport in Italia è nato qui. Mi ha insegnato a organizzarmi: una vera scuola di vita»

Sergio Arcobelli

Se i Milano Rhinos sono stati storicamente «la prima vera squadra italiana di football americano», Lino Benezzoli è stato senz'altro il regista di quella famiglia allargata capace di conquistare i primi tre scudetti.

Benezzoli, lei a soli 18 anni è stato il quarterback della prima grande squadra di Milano. Che ricordi ha di quell'epoca?

«Sono stati anni appassionanti, di grande gratificazione. Eravamo una squadra vincente composta da persone che arrivavano dalle più disparate esperienze e da contesti culturali ed economici diversi, che però quando scendeva in campo lavorava in assoluta armonia e sintonia. Ed era un periodo in cui il football attirava sempre più appassionati e spettatori».

Tre anni magici, ma dopo?

«Poi purtroppo mi sono fratturato una gamba e per tornare il prima possibile mi sono infortunato una seconda volta. E noi dei Rhinos ci siamo indeboliti perché molti dei nostri giocatori più forti sono andati in altre squadre. In pratica l'evoluzione e la diffusione del movimento sportivo ha fatto sì che le altre squadre crescessero più che proporzionalmente rispetto ai Rhinos stessi. E noi semplicemente non eravamo più quella formazione vincente dei primi tre campionati. Si era persa la magia della squadra».

Adesso Milano fa incetta di scudetti. L'anno scorso i Rhinos, quest'anno i Seamen. Una rivalità che fa bene a questo sport?

«Assolutamente sì. Le rivalità storiche piacciono non solo alle città in cui le due squadre giocano, ma fanno bene a tutto il movimento».

Ha sentito di Giorgio Tavecchio, il kicker milanese che gioca in America nella Nfl?

«Come prevedibile fa il calciatore (il suo ruolo è il kicker, ndr) quindi non è un ricevitore o un running back che sarebbe più impattante nell'immaginario collettivo come lo sono Gallinari e Belinelli nel basket. Ma mi fa molto piacere ed è un primo passo».

Perché un ragazzo dovrebbe cominciare a giocare a football?

«E' uno sport fisico, di contatto, anche violento e che richiede una certa solidità psicologica. Però il football di per sé è la quinta essenza dell'organizzazione: per la numerosità dei giocatori, per la specializzazione dei ruoli, per la complessità del gioco, per l'articolazione degli schemi, sia in attacco che difesa. Ha la capacità di organizzare le persone e spinge le persone a organizzarsi.

Tutte cose che mi sono servite nella vita professionale».

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