Maria Teresa sta da una vita dietro il bancone della gastronomia: nella bottega della madre in zona Bovisa da ragazza, dal 1996 nei supermercati Billa, e da 14 anni proprio nel punto vendita di via Torino. Oggi la signora Arlati, 53 anni, è uno dei 71 dipendenti il cui destino lavorativo è appeso a un filo, quello della vendita del negozio in centro città, l'unico in una zona a due passi dal Duomo popolata quasi solo di boutique e uffici. La cessione nasce da lontano, ma nel caso milanese è tutt'altro che una certezza. Nel 2011 il gruppo tedesco Rewe, cui dal 1996 fa capo Billa, decide di cedere i supermercati del centro-sud. All'inizio di quest'anno, spiegano da Filcams Cgil, arriva la disdetta del contratto integrativo anche per i dipendenti dei supermercati del Nord, dalla Liguria al Veneto, assieme alla notizia che Rewe ha deciso di lasciare tutto il mercato italiano entro metà 2015. Si vende, quindi, anche da Roma in su: i negozi del nordest vanno a Conad, quelli del nordovest a Carrefour. In Lombardia 28 in tutto. Ma la catena francese non acquista due di questi: quello di via Torino a Milano e quello di Crema. «Fino a poco più di un mese fa qui da noi nemmeno si parlava di vendita, anzi dicevano che avrebbero ristrutturato», ricorda Maria Teresa. Lo hanno saputo dopo, ma la doccia fredda per lei e suoi 70 colleghi, più che la cessione, ora è la mancata vendita. Se non compra Carrefour (che non pare intenzionata, a causa, si dice nei corridoi, di un prezzo d'affitto troppo alto) e non ci sono altri acquirenti interessati, che ne sarà dei dipendenti? Eccola la domanda che assilla i lavoratori di via Torino, come quelli dell'altro negozio a Crema, oltre che il personale dei rispettivi uffici amministrativi. Quasi 200 persone in totale. «Al momento non sappiamo nulla, si vocifera di trattative», dicono i dipendenti, la maggioranza assunta a tempo indeterminato, ma una quota di contratti a termine c'è. I rappresentanti sindacali hanno chiesto un incontro all'azienda per saperne di più, ma per ora l'unica risposta è un generico «state tranquilli», le trattative sono in corso, anche se non si sa con chi. I lavoratori intanto stanno organizzando una raccolta firme, vogliono lanciare una petizione, «anche un appello al sindaco Pisapia», dicono. Sanno che dal punto di vista tecnico potrà fare poco, nulla più di una sorta di moral suasion , ma intanto, fanno notare, «questo è un supermercato frequentato anche da molti turisti, se resta uno scheletro vuoto non è un bel biglietto da visita nemmeno per Expo». Raccontano che pure molti residenti si dicono disposti a firmare: se il supermercato chiude è un problema anche per loro, «la zona resta scoperta, non ce ne sono altri qui intorno».
E di certo gli affari nel punto vendita di via Torino non vanno male: alle 13.
30 la coda alle casse è chilometrica: giovani stranieri in visita alla città, abitanti, e pure tanti dipendenti degli uffici intorno che la pausa pranzo preferiscono farla con un tramezzino comprato qui, invece che al bistrot.Twitter @giulianadevivo
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