Cronaca locale

Blitz alla caserma Montello I profughi arrivano all'alba

Migranti in via Caracciolo un giorno prima del previsto Evitate le contestazioni. Prossimi ingressi diluiti nel tempo

Paola Fucilieri

Come dribblare tensioni, contestazioni, possibili scontri, probabili incidenti, confusione e tutte le polemiche di riflesso che già comporta l'arrivo dei circa 300 profughi alla caserma «Montello»? La tattica infallibile sembra un'intuizione militare: destabilizzare il «nemico» con un blitz improvviso e inaspettato. In realtà basta organizzarsi con un po' d'anticipo e astuzia: restare vaghi sulle date e sui numeri, diluire gli arrivi nel tempo e, soprattutto, scegliere orari antelucani per stampa e «rompiscatole» di vario genere.

Ieri (e non oggi!) alla caserma in zona piazza Firenze sono arrivati circa un terzo (95), dei 300 previsti. Perlopiù (ufficialmente) si tratta di donne e bambini provenienti dai centri di accoglienza nella ex scuola della Casa gialla del Gratosoglio e di via Fratelli Zoia a Baggio. I primi sono giunti all'ingresso di via Caracciolo alle 8.30, poi via di seguito per il resto della mattinata. Per i prossimi giorni è tutto in forse, ma è quasi certo che si continuerà con questo metodo-sorpresa: squadra che vince non si cambia.

Et voilà: oggi si terranno ugualmente il presidio autorizzato e la festa del «comitato di accoglienza» da una parte (a cui oltre al Comune partecipa ad esempio anche il centro sociale «Il Cantiere») e quello non certo conciliante con l'arrivo dei profughi composto da Lega Nord, Fratelli d'Italia, CasaPound e Lealtà e Azione. Tuttavia i problemi di ordine pubblico, visto che per la giornata di oggi altri arrivi non sono previsti, dovrebbero essere ridotti all'osso.

Comune e prefettura hanno partorito un bel piano, anche se proteste e contrarietà non si fermeranno certamente qui se consideriamo che i profughi - tutti solo rigorosamente provenienti da altri centri di accoglienza milanesi - alla «Montello» dovranno restarci quattordici mesi. Anche perché ora arrivano bimbi e mamme, ma la caserma è stata pensata soprattutto come soluzione di accoglienza per uomini adulti che, alla fine, costituiranno la maggioranza. E che potrebbero costituire il vero problema: in più di un anno nella caserma non scoppieranno mai risse? Non ci saranno rivolte o disordini?

Oggi sono 3.743 i migranti tra cui richiedenti asilo, titolari di protezione internazionale, beneficiari di protezione che Milano sta aiutando: 422 sono inclusi nello Sprar (Servizio centrale del sistema di protezione per richiedenti), 1.050 sono richiedenti asilo gestiti dalla prefettura, 2.271 sono sotto la gestione di Palazzo Marino.

Un bello sforzo anche per una città «con il cuore in mano». I tanti, troppi clandestini che gravitano nella metropoli in palese affanno, insinuandosi nelle sue pieghe, hanno capito che qui, in un modo o nell'altro, troveranno un conforto, non necessariamente a breve termine. Perché questa Milano-calamita da un pezzo ormai non è più un luogo di transito - sia per la sua rete di solidarietà e aiuto che per un nodo ferroviario dal quale si può raggiungere Lione, Ventimiglia, il Brennero tentando la sorte anche più volte - ma di stanzialità.

La forza di questi profughi sta nella costanza della disperazione, nel fatto di esserci e - forse - nel sapere che da qui non li manderà via nessuno: la conferenza Stato-Regione del luglio 2014 ha stabilito i fondi di solidarietà e previsto che, comunque vada, dei profughi sbarcati in Italia, la Regione Lombardia si prenda il 14 per cento.

Comunque vada.

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