Boni va in aula e non si dimette. In Regione scoppia la bagarre

Si siede tra i banchi della Lega e lascia il suo posto a Saffioti Respinta la mozione della sinistra che gli chiedeva di andarsene

Boni va in aula e non si dimette. In Regione scoppia la bagarre

Niente dimissioni. «Sfido chiunque a trovare anche un solo euro nelle mie tasche che non sia frutto del mio lavoro». Sono due delle 35 righe della lettera che il presidente del consiglio regionale, il leghista Davide Boni, ha inviato ieri mattina ai consiglieri per difendersi dalle accuse dei magistrati. E anche dalla mozione urgente con la richiesta di dimissioni che l’opposizione voleva votare. Ma dichiarata inammissibile dal Carlo Saffioti, il presidente di turno ieri dopo che Boni ha scelto di sedersi tra i banchi della Lega e rinviata alla giunta per il regolamento convocate dallo stesso Saffioti per domani. Mentre qualche piano più in alto a dimettersi era Davide Ghezzi, il capo della segreteria di Boni coinvolto con lui nell’indagine e già rimosso da Umberto Bossi dal suo incarico di commissario della Lega a Pavia. E nei corridoi del Pirellone c’è già chi è pronto a scommettere che sarà proprio su di lui che verranno scaricati eventuali illeciti scoperti dai magistrati. Salvando Boni, ma soprattutto la Lega.
«Io sono sereno. C’è scritto tutto sulla lettera», le sole parole di Boni ieri assediato dai giornalisti a margine di un consiglio regionale a dir poco acceso. In aula il governatore Roberto Formigoni e l’intera giunta (sedici assesssori più quattro sottosegretari) per testimoniare anche visivamente la compattezza del centrodestra. A pezzi, invece, l’opposizione che dopo il rinvio della mozione di sfiducia a Boni all’esame della giunta per il regolamento, va in pezzi. Con i dipietristi dell’Idv e i vendoliani di Sel pronti a lasciare l’aula, mentre i consiglieri di Pd, Udc e Pensionati sono rimasti ai loro posti, pur annunciando di non discutere e votare altri provvedimenti. A partire da quello per i marò italiani imprigionati in India. Nella mozione si chiedeva al presidente Boni «come già fatto con altri componenti dell’ufficio di presidenza, oggetto di inchieste, di voler lasciare il suo incarico di presidente». Chiaro il riferimento al caso del segretario della presidenza Massimo Ponzoni per cui la mozione fu discussa e bocciata. Ma secondo Saffioti la mozione «configura una sorta di sfiducia al presidente del Consiglio che non è prevista dalle norme del regolamento». Con il Pdl che nella guerra delle mozioni ritira la sua con la quale confermava «la massima fiducia nell’azione della magistratura», ma ritenendo che «l’azione positiva che la maggioranza sta svolgendo in tutte le sue articolazioni, debba proseguire nell’adempimento del programma votato dagli elettori».
Per il segretario regionale del Pd Maurizio Martina, «noi abbiamo segnalato la necessità di distinguere la rappresentanza istituzionale da fatti personali e voi non avete voluto discutere».

Pronta la replica del governatore Formigoni. «Eravamo pronti a discutere - le sue parole - se non fosse stato per una mossa improvvida e poco intelligente dell’opposizione che ha presentato una mozione evidentemente inaccettabile».

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