Il leghista Davide Boni (nella foto) tiene tutti con il fiato sospeso. Indagato per corruzione dalla Procura, ha ricevuto la solidarietà del Carroccio e del suo leader, Umberto Bossi, con linvito a rimanere al suo posto. E oggi il presidente del consiglio regionale dovrebbe presiedere la prima seduta negli scomodi panni di chi è sotto inchiesta, tanto più stretti per lesponente di un partito che da sempre ha fatto della lotta a Roma ladrona una delle sue bandiere.
Ma lui ha fatto sapere che non sa ancora se parlerà e nemmeno se sarà presente in aula o se lascerà un discorso scritto. «Devo ancora decidere». Le opposizioni hanno depositato una mozione urgente di censura firmata da Pd, Idv, Sel, Udc e Pensionati, in cui si invita Boni a «voler lasciare il suo incarico di presidente», nella speranza che dimostri la sua estraneità agli addebiti mossigli dalla magistratura. Non si sa ancora se sarà votata a scrutinio segreto o palese.
Ieri Boni si è presentato regolarmente nel suo ufficio al Pirellone. Oggi ha annunciato che sarà tra i banchi anche il presidente della Regione. Roberto Formigoni risponde ai giornalisti che non accetta il paragone tra il caso Boni e la vicenda di Filippo Penati, lex vicepresidente del consiglio del Pd che ha lasciato lincarico perché oggetto di uninchiesta per presunte tangenti: «Penati si dimise dopo alcune settimane, date tempo a Boni di spiegarsi e di parlare. Mi aspetto che Boni, che ha rivendicato la sua estraneità ai fatti, ci dica qualcosa in più per confermarla». Spinge sulle dimissioni Viviana Beccalossi, ex vice presidente della Regione. «Al suo posto mi sarei autosospesa per rispetto dellistituzione e per difendermi meglio. Un passo indietro per uscirne più forte» spiega Beccalossi. «Si può fare una valutazione su un passo indietro, ma non in questa fase. La presunzione di innocenza vale anche per un politico» dice Ignazio la Russa. Scende in campo anche Mariastella Gelmini: «Speriamo che il caso Boni non diventi occasione per sparare a zero contro la Lega e per generalizzare. Non siamo garantisti a corrente alternata. Si è cercato di costruire un sistema Lega che è profondamente sbagliato: conosciamo la serietà della Lega e dei suoi amministratori».
Ma la vicenda Boni ha ormai assunto un peso nazionale, cavalcata dalle opposizioni. Entrambi da Milano, il segretario del Pd, Pierluigi Bersani, e il leader dellUdc, Pierferdinando Casini, spingono sullacceleratore. «Abbiamo sempre chiesto un passo indietro da parte di chi ricopre incarichi istituzionali così rilevanti» dice Bersani. «Il Pd - replica Formigoni - smetta di strumentalizzare: non si è dimesso Vendola sul caso Tedesco, non si è dimesso Errani sul caso Del Bono, non si è dimesso Bersani sul caso Penati. Il Pd non può dar lezioni a nessuno». Più morbido Casini: «Io non chiedo niente perché non spetta a me chiedere le dimissioni, ma i consiglieri del mio gruppo che hanno ben chiaro quello che devono fare, lo hanno già fatto».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.