I renziani puntano a Milano e sognano la Lombardia. Vogliono conquistare mondi nuovi. Blocchi sociali e terre finora ostili. Ieri lo hanno detto apertamente, riunendo proprio nella sede della Regione la loro «corrente» (guai a chiamarla così).
Due anni e mezzo fa erano solo un manipolo di rottamatori, isolati nel vecchi partito erede della polverosa e poderosa tradizione del Pci-Pds-Ds. Si dovevano cercare col «lanternino». Un sindaco dell'hinterland, un presidente della provincia. Oggi si guardano increduli e compiaciuti. Sono sottosegretari, vicesegretari, ministri. Come il lodigiano Lorenzo Guerini, che per conto di «Matteo» risolve problemi nel partito in giro per l'Italia. O come Maria Elena Boschi, la «signora ministro» delle Riforme - come dice dal palco un militante bresciano - che arriva fra i flash e interviene per pochi minuti e ne impiega trenta (suo malgrado) per uscire dal palazzo, bloccata da «selfie» e strette di mano dei dirigenti milanesi. Si limita a garantire che il partito locale potrà scegliere il suo candidato sindaco senza imposizioni romane. E il segretario metropolitano Pietro Bussolati dopo un omaggio (accolto da un tiepido applauso) al sindaco uscente Giuliano Pisapia, insiste sulla rivendicazione dell'autonomia. Anche da mondi radical chic che tanto hanno pesato nelle vicende politiche della sinistra. «Chi crede che il candidato sindaco per il 2016 si scelga nelle redazioni dei giornali o in qualche comitato ristretto - il suo messaggio - sbaglia di grosso. A Milano saranno i milanesi a scegliere il proprio sindaco. E noi guideremo questo percorso verso le elezioni del 2016 insieme ai cittadini». I renziani «istituzionali» gli consigliano prudenza. «Non dobbiamo essere arroganti», avverte il segretario regionale Alessandro Alfieri. «Coraggio dell ambizione e prudenza del linguaggio» raccomanda il saggio democristiano Guerini. «Delicatezza, responsabilità». «Non abbiamo bisogno di esibizioni muscolari» avverte. Se non ci saranno pasticci il Pd milanese potrà giocarsela senza interventi romani, dunque.
Ora, poi, tanti si sono uniti ai pionieri del renzismo. Veltroniani, franceschiniani. Come Emanuele Fiano, che parla già da candidato e prova a scaldare la platea. Provano a unirsi. «Facciamo squadra» dicono. E avvertono la minoranza che non accetteranno di giocare la partita di Milano come «rivincita» del congresso. Insieme sono ai posti di comando del Paese e di un partito che alle Europee di maggio per la prima volta ha vinto anche al Nord. E ora non vuole mollare l'osso.
«Abbiamo scalfito un blocco sociale che sembrava inscalfibile, impermeabile a tutto, che sembrava votare comunque centrodestra» ha detto Guerini. «Dobbiamo portare dentro quel mondo che ci ha votato ma forse fino in fondo non si fida ancora». E pare che il candidato a fare tutto ciò sia proprio lui. E si pensa già alle prossime Regionali.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.