Roberto Formigoni, Maurizio Lupi e i ciellini, Daniela Santanché, Mariastella Gelmini e Paolo Romani, Mario Mantovani, Ciccio Colucci e ovviamente Silvio Berlusconi. C'è ancora molta Lombardia in questo snodo cruciale della politica nazionale che è passata per la fiducia votata al governo Letta e ora attende in fibrillazione la scissione o la ricomposizione dell'universo berlusconiano. Vent'anni di storia del Paese che nemmeno un candidato alla segreteria del Pd come il deputato Pippo Civati si sente di poter liquidare. «Chi a sinistra dà Berlusconi per finito - ha detto ieri dopo essere stato l'unico del Pd a non votare la fiducia a Letta - fa il solito errore».
Una bufera romana che evidentemente non potrà lasciare indenne le gerarchie lombarde di un partito che dopo aver abbandonato le spoglie del Pdl nel lavacro che proprio a Milano ha visto la rinascita di Forza Italia, si preparava a ridisegnare l'organigramma. Ma evidenti ripercussioni ci saranno anche in Regione dove potrebbero crollare gli equilibri faticosamente costruiti sulle alchimie di partiti e correnti. Leghista il governatore, berlusconiano di ferro il suo vice Mario Mantovani, incrollabilmente formigoniano il presidente del consiglio Raffaele Cattaneo. E non a caso guidato da una diarchia il gruppo di consiglieri: ciellino il capogruppo Mauro Pedrazzini e mantovaniano il co-capogruppo Claudio Pedrazzini. Un castello che rischia di crollare. «Se ci dovesse essere la scissione - spiega un consigliere molto legato a Formigoni - noi abbiamo già pronto un bel gruppo di almeno 11 o 12 persone». Ma il ciellino doc Stefano Carugo fa «un appello all'unità, sempre sotto la guida di Alfano e tornando allo spirito di quel consiglio nazionale del Pdl nel 2011 dove fu proprio Berlusconi a investirlo della segreteria». Contrario alla rottura anche il coordinatore cittadino Giulio Gallera: «Si tenga tutto unito, dividersi e lasciare un partito dove Berlusconi ha ancora un così grande consenso sarebbe un grande errore». Ma non è un mistero che prosegua insieme ad Alessandro Colucci (anima socialista del partito e figlio del senatore che ha firmato il documento dei dissidenti) la sua scalata alla nascente Fi. Della partita anche l'ex ministro Romani e Luigi Casero. «Berlusconi - spiega il consigliere Fabio Altitonante - ha dimostrato come l'unità del partito sia prioritaria a prescindere dai torti o dalle ragioni. Ma il nostro popolo ci chiede di fare e l'aumento dell'Iva è scattato comunque».
Da Roma Formigoni annuncia che l'incontro con Berlusconi ha congelato la rottura («Lottiamo dall'interno del partito»). Ma per il presidente della Provincia Guido Podestà «se ci sono le condizioni per andare avanti con un solo gruppo bene, sennò rendiamoci conto che la differenziazione consente chiarezza davanti agli elettori». Mentre Mantovani parla di «un altro sacrificio fatto dal presidente Berlusconi che sa guardare lontano, oltre il naturale orizzonte politico.
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