Salta all'occhio - e alle orecchie in questo caso - la coincidenza della messa in scena dell'ultima opera scritta da Frank Zappa «The Yellow Shark» prima a Venezia alla Biennale Musica (contemporanea), i giorni scorsi, e adesso anche al Piccolo Teatro Studio Melato a Milano (sabato alle ore 19,30 e domenica alle 16).
A essere «profondamente dietrologi» davanti a questa junghiana sincronicità si potrebbe quasi dire che c'è in corso un'«operazione-risveglio». Obiettivo forse, ricordare all'universo mondo che già parecchio tempo fa - correva l'anno 1993 quando questo lavoro veniva pubblicato in forma di album con 17 brani - c'era qualcuno che la rivoluzione la faceva veramente in maniera «diversa» rispetto all'avanguardia dei «duri e puri». E che oggi - tra mille discussioni, ripensamenti e frantumazioni - c'è quasi da riconoscere che certi «padri» erano/sono più avanti dei «figli» e dei nipotini. Già, proprio così. Disquisizioni a parte, è degno di nota l'impegno che si è preso l'Ensemble Giorgio Bernasconi dell'Accademia del Teatro alla Scala di portare questo lavoro davanti al pubblico milanese, e non solo, visto che questa produzione dopo proseguirà per il Parco della Musica di Roma (10 ottobre) e il Teatro Vallo di Reggio (12 ottobre). Ma entriamo per un attimo nel personaggio e nella sua creazione.
Frank Zappa, per i cultori più delle immagini-choc noto pure per la foto che lo ha ritratto seduto in bagno, della serie «celebrità & libertà», è stato soprattutto un uomo che dell'indipendenza artistica ha fatto una bandiera, scrivendo in maniera colta, erudita, ironica e anticonformistica allo stesso tempo. Certamente, nel periodo e nell'ambito rockettaro in cui ha operato, il suo discorso dagli ambienti super accademici non era visto bene da tutti. Anche se dalla sua aveva, a difenderlo a chiare lettere, un personaggio dell'avanguardia di ferro come Pierre Boulez, serialista integrale post-weberiano, che di lui disse: «È una colonna portante della musica». Un'asserzione dal sapore profetico dimostratasi vera anche a distanza di decenni, visto che ancora oggi celebrare l'opera dell'«hippy della contemporanea» è avvertito dai più come un evento.
E in questo caso l'«evento», per il capitolo titolabile «i grandi ritorni», sarà celebrato nella direzione d'orchestra da Peter Rundel, allora violinista dell'americana Ensemble Modern di Francoforte già candidato a sostituire sul podio Zappa nel 1991, viste le sue condizioni di salute. Venticinque anni dopo Rudel torna sulla scena proprio con lo «Squalo giallo», e l'altro giorno ne ha parlato anche con una certa emozione alla presentazione del progetto che è stata fatta nella sala prove «Abanella» del Teatro alla Scala.
Che cosa ci si può aspettare a livello di reazione lo si può un po' immaginare ripensando un attimo ai resoconti sulla serata alla Biennale: al concerto partenza in silenzio religioso come s'usa nella classica e anche nella contemporanea; ma ecco il finale - secondo le cronache - con applausi scoscianti, urla, urletti e fischi di gradimento, persino balletti, come in un «live» rock. Che dire? Zappa, il «dissacratore» del secondo Novecento, è tornato. E colpisce ancora.
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