Bella politica e cattivo giornalismo. Perché qualche volta (per grazia di Dio) il migliore dei mondi possibili non è poi così lontano. Un mondo dove due che la pensano in modo opposto si chiamano avversari e non nemici. Si combattono, ma non si disprezzano, si affrontano, ma non si odiano. E così in questi giorni in cui ci si chiede se portare al macero i volumoni della Storia del Fascismo di Renzo De Felice per non incorrere nel reato di apologia invocato dalla sciagurata legge Fiano in discussione in parlamento, colpisce la vicenda del neo assessore di Monza Andrea Arbizzoni in quota Fratelli d'Italia e del Pd Marco Lamperti. Il tutto nasce dal solito articolo di Repubblica che nella sua quotidiana caccia al fascista, anzi al neo nazista indiziato di mettere in pericolo l'ordine democratico e repubblicano, dopo aver sgominato il bagnino squadrista (e per la verità un po' tocco di Chioggia) metteva ieri nel mirino Arbizzoni, colpevole di aver preso 455 preferenze, risultando tra i candidati più «preferiti» e meritando un posto da assessore allo Sport. «Appartiene a una comunità umana e politica di ispirazione neo nazista: Lealtà azione», s'indigna il quotidiano dove si è letto di due genitori che a Cantù avevano insegnato il saluto romano al bimbo che lo rifaceva all'asilo. Salvo poi costringere l'Ordine dei giornalisti alla sanzione della «censura» perché «non si è mai verificato il fatto descritto».
Ieri la verità l'ha ristabilita Lamperti, ventinovenne fondatore del gruppo brianzolo dei Giovani democratici ed eletto a Monza. Bellissima e romantica storia di cavalleria politica alla Peppone e don Camillo o, per salire di rango, a un Togliatti che comunista di ben altra pasta rispetto a Fiano, all'Assemblea costituente chiese di prevedere il divieto di riorganizzare il Partito fascista, ma limitando i reati di opinione solo a casi molto gravi. «Da avversario politico posso dire che il neo assessore Arbizzoni ha certamente legami con la destra sociale e sicuramente si definisce uomo di destra - ha scritto Lamperti su Fb - Detto questo non è un nazista e anzi ha un profondo senso della democrazia». Da avversario «non gliene farò passare una, ma sulla persona non ho nulla da eccepire: lo conosco da anni e penso che sia un valido e rispettoso avversario».
Chissà se a Repubblica ora staranno più tranquilli dopo essersi chiesti «quale debito politico dovrà pagare ai camerati neonazi e agli ultrà che lo hanno eletto». Lo stesso che pagano tutti gli eletti ai loro elettori. Una cosa che si chiama democrazia. E che a sinistra in troppi oggi dimenticano.
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