Una «campagna lampo». Iniziata praticamente a Ferragosto, col delicatissimo passaggio delle liste da compilare, e destinata a concludersi fra un mese esatto con il voto. E sarà un voto decisivo, quello di Milano e della Lombardia, che conta quasi 10 milioni di abitanti e assegna 95 seggi su 600 totali.
Il taglio dei parlamentari, introdotto dalla riforma costituzionale avallata con referendum, ha imposto sacrifici praticamente in tutti gli schieramenti, che sono stati costretti a deludere qualcuno. Placate le acque, i partiti iniziano la campagna elettorale. Fra oggi e domani già si contano almeno tre iniziative. Parte la Lega, con un presidio per chiederne la chiusura del campo rom di via Chiesa Rossa, denunciando il degrado dell'area. Ci saranno il commissario provinciale Stefano Bolognini e ci sarà Maria Cristina Cantù, leghista candidata per il centrodestra nel collegio uninominale 3, Milano appunto.
E domani alle ore 11 alle Stelline a Milano in corso Magenta Forza Italia presenta le liste. Previsto anche un collegamento telefonico con il presidente Berlusconi, all'incontro parteciperanno Licia Ronzulli, coordinatrice regionale degli azzurri, e tutti i candidati di Camera e Senato.
Sceglie invece Lodi Carlo Cottarelli, economista che guida il Pd nel plurinominale Milano-Lodi-Pavia ed è candidato all'uninominale di Cremona-Mantova. Lo fa ricollegandosi alla vittoria alle Comunali di Andrea Furegato. Ma sempre a Milano, oggi, doppia visita in piazzale Selinunte, a San Siro, scelta sia dal senatore Pd Antonio Misiani, rivale di Cantù, sia da Luigi De Magistris, di Unione Popolare.
Milano sarà il cuore di questa battaglia politica. E potrebbe sancire - negli intendimenti del centrodestra - un risultato storico, riportando la città verso il centrodestra, dopo oltre un decennio di «sbandata» a sinistra, iniziato con le Comunali del 2011, proseguito con le Politiche 2013, col voto largo per il Pd di Matteo Renzi, via-via fino alle ultime comunali che hanno confermato sindaco Beppe Sala, passando per le Regionali.
Stavolta i colori sulla mappa potrebbero essere molto diversi, anche qui come in tutta la Lombardia. Nei collegi plurinominali, ovviamente, il criterio di ripartizione dei seggi sarà proporzionale, e questo spiega la candidatura a Milano di Enrico Letta o Giuseppe Conte, che hanno poco a che fare con questo territorio, ma sono molto attratti dai seggi (16 addirittura) messi in palio nei due collegi proporzionali di Lombardia 1. Nei collegi uninominali il criterio come noto è diverso. Chi vince - anche per un solo voto - prende il seggio il palio. E la novità, determinata appunto dal taglio dei seggi e dal «ridisegno» delle circoscrizioni elettorali, è che i nuovi collegi (ridotti per numero) adesso risultano molto più estesi: in genere corrispondono a territori provinciali, o sono comunque molto grandi. I collegi della Camera, al di là del nome che li indica, facendo riferimento al centro più popoloso, in genere comprendono molti Comuni. Ma anche i collegi senatoriali vanno molto oltre le città, e si allargano in genere ai territori provinciali, e a volte vanno oltre. Per esempio il collegio 11 (quello di Cottarelli e Daniela Santanchè) comprende addirittura due province, Mantova e Cremona. È una questione tecnica, che aggrava le aspettative di una sinistra che già avverte pesanti scricchiolii: con questi nuovi collegi accadrà che il voto dei capoluoghi, spesso orientati a sinistra (come dimostra il colore di molti sindaci) sarà «diluito» in territori più vasti molto più orientati verso il centrodestra.
L'unica eccezione è Milano, che per le sue dimensioni alla Camera è stata divisa in tre collegi e al Senato coincide con un collegio. E questa è una delle ragioni per cui il Pd spera di resistere in almeno un paio di questi 4 collegi.
Ma, anche a Milano, entrerà in campo il tema più squisitamente politico: il centrodestra è elettoralmente forte, ed è unito, mentre il fronte avverso è diviso in tre: da una parte il Pd, e alle ali da un lato i 5 Stelle (tramontato il «campo largo») e dall'altro il cosiddetto Terzo polo, che non è accreditato di alte percentuali ma potrebbe portar via voti preziosi al centrosinistra, in
particolare in una città, Milano, dove gli uomini e le donne di «Azione» e «Italia viva» sono parte integrante della maggioranza politica che sostiene Sala. Ed ecco la paura del Pd: che i collegi sicuri non ci siano più.
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